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camento della madre verso il bambino (Rees, 2005). Le esperienze negative precoci, una
          crescita lenta, uno scarso sostegno emozionale generano un rischio permanente di scarsa
          salute psicologica riducendo, nell’età adulta, il funzionamento fisico, cognitivo ed emo-
          zionale dell’individuo.
          I bambini che vivono in condizioni di stress rilevanti (lutti, malattie, disabilità, etc.) e
          che si trovano ad affrontare Situazioni Sfavorevoli nel corso dell’infanzia (Anda, 2006)
          sviluppano una vulnerabilità psicologica che li espone a vedere compromesso lo sviluppo
          armonico delle loro capacità e della loro personalità. La nozione di Esperienze Sfavore-
          voli Infantili (ESI) è stata introdotta nella letteratura psicologica per indicare l’insieme
          di situazioni vissute nell’infanzia, definibili come “incidenti di percorso” negativi più o
          meno cronici rispetto all’ideale percorso evolutivo sul piano personale e relazionale, che
          mettono a rischio, in particolare, la costruzione dei legami di attaccamento. Esse com-
          prendono tutte le forme di abuso all’infanzia subito in forma diretta (abuso sessuale, mal-
          trattamento psicologico, fisico, trascuratezza), così come le condizioni di abuso subite in
          forma indiretta, che rendono l’ambito familiare imprevedibile, alcolismo o tossicodipen-
          denza dei genitori, malattie psichiatriche, gravi malattie invalidanti, tracolli finanziari e
          soprattutto violenza assistita, cioè coinvolgimento del minore in atti di violenza compiuta
          nei confronti di una figura di riferimento.

          4.   FATTORI DI VULNERABILITA’ E RISCHIO NEI GIOVANI


          4.1  I giovani e l’uso di sostanze legali

          Da tutti i recenti studi, emerge in modo forte il fatto che esistano fattori di vulnerabilità
          specifici che attivano percorsi di sperimentazione e di automedicazione nell’uso di so-
          stanze (Ball, 2007, Patton, 2007 e Despina 2007) e nei comportamenti a rischio (Rowe,
          2007, McArdle, 2006) e persino per quanto riguarda l’esposizione ai media (Kirsh, 2006).
          Si ritiene che possa esistere un coinvolgimento sistemico di parti complesse, cioè un cor-
          relato in cui nature e nurture sono coinvolti a determinare il grado di “regolazione” e, di
          conseguenza, l’esposizione a comportamenti a rischio nella preadolescenza.
          Al fine di evidenziare gli aspetti critici relativi al concetto di “vulnerabilità”, molta lette-
          ratura scientifica considera l’uso di sostanze come paradigmatico tra i comportamenti a
          rischio, un indicatore del disagio che investe la preadolescenza e l’adolescenza.
          In particolare, l’uso di alcool, pur con i suoi aspetti sociali e iniziatici, è un indicatore
          interessante per quanto riguarda le abitudini dei giovanissimi rispetto ai comportamenti
          a rischio. Occorre evidenziare che le sostanze alcoliche hanno una ridotta reificazione
          sociale – rispetto alle droghe illegali – in virtù della loro fruibilità, legalità e del ridotto
          costo economico.
          In Italia il modello di consumo di alcool è per tradizione culturale “moderato”. Si tratta,
          in particolare, di vino assunto prevalentemente durante i pasti: bere vino per accompa-
          gnare i pasti giornalieri e in occasioni conviviali, infatti, fa parte della storia e cultura del
          nostro paese. La diffusione del consumo di alcool mostra un trend sostanzialmente stabile
          negli ultimi 8 anni, con un lieve aumento nel 2001, ed incrementi significativi tra i gio-
          vani, in particolare tra le donne. Dalla comparazione tra il 1998 (anno a partire dal quale
          sono stati utilizzati quesiti confrontabili con l’indagine attuale) ed il 2005 emerge che la

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