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nonostante non si arrivi a vere forme di dipendenza, molti giovani subiscono comunque
gli effetti negativi dei loro comportamenti a rischio; infatti, le fratture e le crisi sul pia-
no affettivo-relazionale, gli abbandoni scolastici o universitari, la perdita di occasioni di
lavoro o di formazione possono avere un alto costo personale e sociale. Talvolta, come
reazione rispetto a comportamenti che essi stessi giudicano rischiosi, in molti ragazzi vi
è la tendenza all’isolamento protettivo ed anche all’esclusione dal mondo delle relazioni
e dei contatti sociali. Questa forma di apatia costituisce una reazione ad un deficit della
funzione adattiva, all’impossibilità di sentire autoefficacia rispetto a forme progettuali e
di responsabilità e come risposta emotiva ad un mondo che percepiscono eccessivamente
ansioso e ostile. Questa area della popolazione giovanile rischia di presentare una vulne-
rabilità specifica che avrà molteplici connotati anche nella vita adulta e con gravi costi sul
piano socio-economico.
5. LINEE DI INTERVENTO PER LA PREVENZIONE
DELLA VULNERABILITÀ PSICOLOGICA NELL’ETÀ EVOLUTIVA
Per anni si è parlato di “prevenzione alla tossicodipendenza” credendo che informare
fosse prevenire, mentre tutte le ricerche hanno evidenziato che il giovane, nel tentativo di
sanare specifiche forme di vulnerabilità, è capace di trovare le proprie forme di autome-
dicazione. Una volta instaurato diventa molto complesso bloccare tale meccanismo, in
quanto caratterizzato anche da una forte componente biologica del Brain Reward System
e dei meccanismi legati al craving.
Se il modello della riduzione del danno ha rappresentato un salto di paradigma importante
nella metà degli anni novanta, oggi si è affermata la strategia della promozione della
salute infantile che impone un’azione efficace e sinergica sugli aspetti precoci del disagio
e sulla natura della vulnerabilità psicologica. L’obiettivo dell’intervento psicologico in
questi casi è di comprendere i codici della vulnerabilità e costruire dei modelli operativi
che siano efficaci, dinamici e flessibili. La psicologia sta sperimentando strumenti che
siano in grado di intercettare gli aspetti chiave del disagio psicologico, che sappiano muo-
versi in rete con le altre forze sociali (famiglia, enti locali, scuola, sanità, etc.) e in grado
di agire profondamente e in modo sistemico per potenziare la salute psicologica nel corso
dello sviluppo.
Tale obiettivo richiede la capacità di valutare, analizzare e, soprattutto, prendere in carico
le problematiche emergenti della salute materno-infantile, attraverso una progettazione
della cura basata sul modello ecologico dell’intervento. Si tratta, cioè, di agire contempo-
raneamente su più livelli: individuo, famiglia, comunità, istituzioni e cultura, coniugando
interventi psicologici specifici, in modo da affrontare tempestivamente e sinergicamente
le condizioni di rischio e di vulnerabilità per lo sviluppo dei bambini.
In base a tutte queste osservazioni occorre rivedere i modelli attuali di intervento speciali-
stico, tenendo conto della necessità di interventi mirati a partire dalla primissima infanzia,
che coinvolgano l’intera famiglia, che dovrebbe diventare oggetto di grande attenzione da
parte degli specialisti della salute mentale. Si dovrebbe fornire un nuovo criterio di acces-
so a servizi che non siano congestionati dalle attività istituzionali, ma capaci di attivarsi
selettivamente sulle vere aree di prevenzione del disagio.