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-  Adotta le azioni per prevenire gli infortuni e i rischi professionali
          -  Definisce i compiti dei singoli e dei gruppi garantendone la sostenibilità
          -  E’ aperta all’ambiente esterno e all’innovazione tecnologica e culturale.
          Lavorare per migliorare la salute organizzativa significa promuovere il benessere organiz-
          zativo e prevenire il burn-out e le diverse forme di disagio lavorativo.
          Raccordato  ai  grandi  cambiamenti  organizzativi  avvenuti  recentemente  nelle Aziende
          pubbliche e private, il fenomeno del burn-out ha assunto dimensioni sempre maggiori e
          viene definito come “una sindrome di esaurimento emozionale, di depersonalizzazione e
          di riduzione delle capacità personali”.
          Si tratta di una reazione alla tensione emozionale cronica, creata dal contatto continuo con
          altri esseri umani, che cresce con l’aumentare del tasso di problematicità e sofferenza. Può
          essere considerata un tipo di stress occupazionale, un vero e proprio “problema professio-
          nale”, spostando il focus della responsabilità dal singolo all’organizzazione.

          Trattando di salute organizzativa e di sicurezza sul lavoro, è inevitabile il riferimento al
          risk assessment, di cui si trova un approfondimento nel capitolo successivo “Migliora-
          mento continuo in Sanità: definizione di percorsi psicologici funzionali alla mappatura
          del rischio aziendale e del governo clinico” a cui si rimanda.

          2.   TUTELA DELLA SALUTE, SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO
               E COMPETENZA PSICOLOGICA


          La normativa in tema di tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è datata da
          molti anni sia a livello nazionale che europeo, ma appare, dai dati riferiti agli eventi infor-
          tunistici e ai rischi lavoro correlati, largamente disattesa. Il fenomeno dell’infortunistica
          sui luoghi di lavoro, del quale l’Italia detiene il 15° posto europeo per eventi, e i dati ripor-
          tati dalla UE relativi ai danni economici e di salute generati dallo stress lavoro correlato
          hanno riportato all’attenzione che una corretta gestione dei rischi sui luoghi di lavoro va
          al di là dei requisiti legali. Come già affermato nel D.Lgs. n. 626/94, la prevenzione e il
          contenimento dei rischi derivanti dai processi lavorativi non si possono attuare solamente
          attraverso la predisposizione normativa, ma anche e soprattutto attraverso un’azione cul-
          turale, trasversale agli stessi professionisti della salute, ai lavoratori e agli imprenditori,
          sulla necessità di modificare il comportamento, adottando un atteggiamento a favore della
          sicurezza.
          La gestione del rischio da stress lavoro-correlato, sancita dal D.Lgs. 81/2008 , Testo Uni-
          co per la Sicurezza sul Lavoro, rientra, oltre quella dei rischi tradizionali, fisici-chimici-
          biologici, tra gli obblighi dei datori di lavoro. La ricerca OSHA 2005 evidenzia come
          circa il 28% dei lavoratori Ue ,40 milioni di persone, si ammalino di stress, colpendo
          prevalentemente il genere femminile, giustificando il 50-60% delle assenze per malattia
          e comportando ogni anno la perdita di milioni di giorni lavorativi, circa 20 miliardi di
          euro ogni anno. Tra i disturbi più comuni attribuiti allo stress vengono indicati problemi
          cardiovascolari, muscolo-scheletrici, gastrici, e problemi mentali.
          A fronte del dettato dell’art. 28 comma 1 del Testo Unico c’è un’innegabile necessità di
          coordinamento e di collaborazione tra i Servizi del Ssn preposti: Sorveglianza e Preven-
          zione nei luoghi di lavoro, i Servizi di Psicologia e Medici Competenti. Nessuna organiz-
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