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Activities of Daily Living), che indaga 8 attività del vivere quotidiano e permette la valu-
tazione delle capacità o funzioni perse, fornendo così un indice globale di autonomia del
soggetto.
3.1.3 Anziani non autosufficienti
La perdita di autosufficienza dell’anziano comporta un notevole carico sia sociale, per svol-
gimento delle attività della vita quotidiane e di relazione, sia assistenziale. La mancanza di
autosufficienza cresce drammaticamente con l’età: nella fascia 65-74 anni interessa circa
una persona su dieci, mentre sopra i 74 una su tre. La presenza di limitazione funzionale è
uno dei criteri diagnostici del DSM IV -TR e sarebbe da valutare con estrema cautela nel-
l’anziano data l’indipendenza della dimensione di non autosufficienza della psicopatologia
e l’importanza di considerarla non solo come conseguenza ma anche come causa, come
fattore aggravante oppure come elemento non correlato. Resta però da sottolineare che per
l’anziano l’autonomia funzionale rappresenta un parametro molto importante della propria
vita e la minaccia reale e/o la sua perdita parziale e/o totale rappresentano importanti fattori
di rischio per lo sviluppo di sintomatologia depressiva e incidono in maniera significativa
sulla sua prevalenza sia negli anziani sia nelle persone che si trovano in strutture residen-
ziali specifiche. Questo elemento conferma l’importante significato esistenziale che ha per
l’anziano la conservazione dell’autonomia. La capacità di vivere in maniera indipendente
è in genere misurata con l’impiego delle ADL (Activities Daily Living) attraverso la rac-
colta di informazioni riferite dal soggetto sulla sua capacità di compiere le attività di base
della vita quotidiana (lavarsi, vestirsi, mangiare, muoversi in casa, usare il bagno) e con le
IADL (Instrumental Activities of Daily Life) che valutano la capacità di compiere attività
di livelli più complessi di indipendenza (preparazione dei pasti, fare la spesa e/o i lavori di
casa, la capacità di maneggiare il denaro e di usare il telefono…).
3.1.4 Valutazione del caregiver
Nell’ambito dell’assistenza alla persona affetta da patologia cronico degenerativa la fa-
miglia rappresenta una grande risorsa. L’intervento psicologico va indirizzato, oltre che
al soggetto anziano, anche in favore del nucleo familiare, al fine di sostenere le figure più
prossime al malato. Tra le persone più anziane molte sono quelle che si occupano delle
attività di cura: più di un terzo dell’assistenza non istituzionale a soggetti ultrasessanta-
cinquenni è fornita da ultrasettantenni. I familiari che assistono un paziente con patologia
cronico degenerativa devono sostenere un pesante carico assistenziale. Alcuni studi sui
caregiver hanno permesso di evidenziare alcuni aspetti critici legati all’assistenza conti-
nuativa: la maggior parte dei caregiver riferisce preoccupazioni riguardo la malattia del
proprio congiunto, la capacità di aiutare emozionalmente il paziente e gli altri familiari, la
gestione della routine familiare che viene sconvolta dalla malattia. Altro elemento da non
sottovalutare è il perdurare nel tempo del distress del caregiver. Tra i fattori che sembrano
influire sulla percezione del distress si identificano l’instabilità emotiva del caregiver, che
correla con una più alta percezione del sovraccarico psicofisico, alcune variabili socio
demografiche quali il sesso, l’età e il livello socioeconomico, correlato ad una minor
percezione di sovraccarico psicofisico e lo stile di coping, cioè la modalità con cui una
persona affronta una situazione problematica.
Inoltre, la crescente prevalenza di malattie a decorso cronico degenerativo e di trattamenti
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