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3)  Le primarie condizioni di comorbidità devono essere diagnosticate e trattate di con-
                seguenza;
             4)  Le strategie di prevenzione delle ricadute dovrebbero essere incluse in modo da
                evitare la ripresa (recurrence) dei problemi.
          Le raccomandazioni ed i suggerimenti in questo ambito riguardano poi la necessità di
          portare avanti studi sugli outcome controllati dei trattamenti al fine di sviluppare approcci
          basati sulle migliori pratiche; la possibilità di accesso per i giocatori problematici a tratta-
          menti efficaci sia in setting individuali che gruppali e la possibilità di usufruire di assisten-
          za psicologica anche ai familiari. Viene poi raccomandata la collaborazione tra psicologi e
          psichiatri nell’organizzare programmi residenziali per giocatori seriamente disturbati che
          possano essere a rischio di suicidio o presentare seri problemi di comorbidità psichiatrica
          (serious comorbid psychological and psychiatric conditions).
          Si ricorda poi l’importanza di disegnare interventi per sottogruppi specifici in relazione
          alle caratteristiche demografiche e rendere consapevole il sistema giudiziario della rela-
          zione tra gioco e reati penali dovuti a problemi di gioco patologico.
          Programmi di riabilitazione psicologica dovrebbero infatti essere raccomandati per i tra-
          sgressori in aggiunta alle pene disposte dai tribunali.

          5.   NOTE SUL RAPPORTO TRA COLLOCAZIONE DIAGNOSTICA,
               PROGNOSI E TRATTAMENTO

          Per quanto riguarda poi l’indicazione dei trattamenti si riporta il contributo di Blaszczyn-
          ski il quale da tempo lavora intorno all’ipotesi di tre gruppi distinti di giocatori all’interno
          del vasto gruppo di soggetti che rispondono ai criteri del DSM: distinzione che corrispon-
          de in buona parte ai cluster individuati dalla Gonzalez-Ibanez (2001). Tale distinzione
          risulta estremamente importante ed utile sia dal punto di vista descrittivo ed interpretativo
          sia in ordine al rapporto tra diagnosi, trattamento, prognosi.
          E’ necessario distinguere gruppi e tipologie diverse di giocatori per riuscire a comprende-
          re le forti e talvolta inconciliabili differenze tra i risultati di molti studi. Essi potrebbero
          essere interpretati e acquistare maggior senso ed utilità se aiutassero a comprendere le
          diverse modalità, le diverse patologie - o meno - soggiacenti il gioco, i diversi modi con
          i quali “si diventa giocatori patologici” e le diverse costellazioni individuali, familiari e
          contestuali.
          La prima ipotesi relativa alla individuazione di tre sottotipi di giocatori patologici, na-
          sce da uno studio sui risultati dei trattamenti a lungo termine. Uno studio che dimostrò
          (Blaszczynski et. al 1991) come si potessero ritrovare tre diversi outcomes: un gruppo di
          pazienti giungeva ad una astinenza totale dal gioco, un secondo gruppo riprendeva il gioco
          senza controllo ed un terzo gruppo presentava la capacità di gestire un gioco controllato.
          Inoltre apparivano forti distinzioni e sottocategorizzazioni tra soggetti che presentavano
          una personalità sostanzialmente integrata, da altri che presentavano tratti di impulsività e
          comportamenti distruttivi non limitati al gioco d’azzardo, da altri ancora che presentavano
          problemi di depressione con rischi di ricadute nel gioco.
          Nel suo ultimo recente contributo su tale tema e pubblicato in collaborazione con Lia
          Lower (Blaszczynski, Lower 2002), Blaszczynski riprende ed affina le precedenti ipotesi
          (Blaszczynski, 2000) che sinteticamente vale la pena di riprendere.
          -  Un  primo  gruppo  –  definito  in  un  primo  tempo  con  un  ossimoro  (patologici-

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