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2. DALL’ACCOGLIENZA AL DIALOGO: COSTRUIRE LE ALLEANZE
E LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE
Le normative sanitarie (D.L. n° 273/95, Piani Sanitari Nazionali) e le associazioni di
tutela, a gran voce, affermano il bisogno e l’urgenza di umanizzare l’assistenza sanitaria
restituendo centralità alla persona in tutto il processo assistenziale. Tale processo per rea-
lizzarsi necessita di risposte assistenziali unitarie e condivise possibili nella misura in cui
siano state previste opportune integrazioni tra professionalità e saperi.
In questa ottica, ad esempio, l’obiettivo delle cure per pazienti con malattie croniche e
gravi, anche a prognosi infausta, va realizzato attraverso un programma assistenziale glo-
bale, che garantisca l’integrazione di interventi medici, psicologici e sociali nel contesto
ospedaliero e territoriale. È opportuna la costituzione di un gruppo di lavoro composto
dall’equipe ospedaliera in cui vi sia chiara definizione dei ruoli professionali, con regole
e obiettivi espliciti e condivisi.
Nel tortuoso iter della malattia, va previsto un raccordo tra tutti i soggetti coinvolti nel-
l’assistenza al paziente compresi i medici di famiglia, per la gestione del protocollo nel
territorio di residenza del paziente. In tale organizzazione, il supporto psicologico va di-
sposto come un servizio integrato nel sistema di cura.
Il personale sanitario, opportunamente preparato, può svolgere un’essenziale funzione
di supporto, permettendo spazi di espressione emotiva e di rielaborazione del significato
della malattia sia per il paziente che per i familiari.
Nel caso di un’evoluzione sfavorevole, specie se il malato viene curato a domicilio, an-
drebbe assicurata alla famiglia un’assistenza psicologica nella fase terminale, che garan-
tisca la migliore qualità di vita possibile sia al malato che ai familiari. Per facilitare il
transito lungo questo doloroso e tortuoso percorso può essere utile prevedere un raccordo
assistenziale con il medico curante e con una Associazione di assistenza domiciliare allo
scopo di gestire le cure palliative opportune. Questo graduale passaggio di consegne, fatto
di informazioni cliniche e psicologiche, ad un referente competente e disponibile, in grado
di gestire le problematiche della fase terminale della malattia, aiuta la famiglia a superare
il senso di abbandono o il desiderio di fuga che possono intervenire dopo aver trascorso
insieme un periodo così intenso emotivamente.
In questa prospettiva l’intervento psicologico si sviluppa lungo diverse direttrici operative
in risposta a bisogni e attese differenziate per tipologie di destinatari:
1. Pazienti/famiglie
- per rispondere alla domanda di salute nei suoi aspetti psicologici;
- per aiutarli a superare le fasi critiche della vita;
- per alleviare la sofferenza psichica, prevenire e gestire lo stress conseguente allo
sviluppo di malattie acute o croniche, a condizioni di disabilità;
- per promuovere l’adattamento psicosociale e la qualità di vita, specie nella cro-
nicità.
2. Operatori sanitari
- per promuovere percorsi diagnostico e/o terapeutici che considerino la persona
nella sua totalità;
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