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Dietro la tolleranza alla violenza, si trovano spesso due elementi fondamentali nella storia
della vittima: un progetto di vita legato al partner caricato di aspettative altrui ed un’edu-
cazione al rapporto dispari tra uomo e donna. L’esposizione alla violenza che viene giusti-
ficata da parte della donna, diventa automaticamente conferma della propria mancanza di
valore e dignità, ed è proprio quando ci si accorge di essere senza via d’uscita che si apre
la strada della malattia mentale.
In molti casi, quando il contesto sociale non si mostra solidale e disponibile all’aiuto,
le donne passano da una prima reazione di contrasto alla violenza ad un viraggio verso
il sintomo, depressione, ansia, insicurezza, demotivazione, isolamento ne sono i segni,
vivendo il malessere che segue come del tutto autonomo rispetto alla violenza subita. Il
rischio è che il circuito successivo passi dal disturbo psichico al trattamento psichiatrico
e farmacologico.
E’ per questo motivo che l’aiuto, inteso in questo caso come sostegno psicologico alla
donna può essere letto in un’ottica di prevenzione con l’obiettivo di adottare modalità di
intervento efficaci, competenti ed integrate nella presa in carico delle donne che subisco-
no violenza attraverso procedure chiare.
3.2.1 Valutazione diagnostica
Il processo diagnostico si sviluppa attraverso la valutazione:
− dei sintomi,
− dell’organizzazione della vita quotidiana della donna, con attenzione alla percezione di
sé, ai carichi di lavoro, alla presenza di spazi personali e di una rete parentale e amicale
di supporto,
− della presenza di un collegamento tra il malessere e l’organizzazione della vita quoti-
diana,
− dell’individuazione delle violenze subite spesso, per varie ragioni, non rivelate e i loro
effetti,
− del tipo di relazione con il partner, con riferimento al rispetto dei diritti, alla parità, alla
condivisione del lavoro e delle responsabilità, ai livelli di autonomia e di indipendenza
economica, alla presenza di dinamiche impositive nei confronti della donna con ricor-
so ad una delle violenze più frequenti, denigrazione, criticismo, ingiuria, lesioni, abuso
o imposizione sessuale.
Nel corso della valutazione diagnostica è inoltre fondamentale assicurare alla donna un
ruolo di “vittima”, ovvero di non responsabilità rispetto all’accaduto, evitare interpre-
tazioni che diano motivazioni e giustificazioni alla violenza maschile, valutare il danno
fisico e psichico attraverso il racconto della donna dando piena credibilità alla soggettività
femminile e alla sua esperienza, indicare la connessione temporale tra insorgenza del
malessere/sintomi riferiti dalla donna e l’inizio della situazione di violenza occasionale o
cronicizzata, tenere presente, nella definizione della gravità del malessere, che la esposi-
zione a lungo temine alla violenza è un potente fattore di stress psico-fisico, in grado di
spiegare la severità dei sintomi.
La ricerca dei modi, dei tempi e dei luoghi del maltrattamento dovrà focalizzarsi, attra-
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