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rio; a seguire va condotta l’analisi della domanda che deve necessariamente discriminare
tra bisogni indotti e reali della popolazione. L’ultimo step è costituito dall’individuazione
degli interventi eleggibili per pertinenza rispetto ai bisogni rilevati ed efficacia dimostrata
da studi scientifici, esperienza clinica e linee guida ad oggi esistenti.
Tenuto conto che il tema oggetto di studio costituisce una problematica ad alta complessi-
tà dato l’elevato rischio di esiti patogenetici, conseguenti o connessi al “trauma violenza”
e data la necessaria articolazione degli interventi necessari per rispondere a bisogni mul-
tiformi su più livelli, la risposta della Psicologia deve necessariamente comprendere sia
interventi clinici che di comunità per potersi ritenere completa.
2.1 L’intervento di Psicologia clinica
La posizione dello psicologo clinico all’interno del Servizio Sanitario costituisce un os-
servatorio privilegiato dal quale poter vedere nel loro estrinsecarsi i molteplici fattori
che concorrono a determinare lo stato di disagio e/o disturbo nelle situazioni di violenza,
quali: la storia familiare, il contesto sociale, le caratteristiche personali, ecc. Pertanto il
mandato peculiare dello psicologo clinico è quello di tener conto, nella lettura del bi-
sogno, di tale multifattorialità, integrando la classificazione descrittiva del sintomo con
una classificazione “positiva” finalizzata all’individuazione delle risorse presenti nella
persona, nella famiglia e nei gruppi e all’identificazione dei modelli di funzionamento.
La valutazione diagnostica dello psicologo clinico che si occupa di violenza, si connota,
quindi, come un processo dinamico che contiene in sé indicazioni prognostiche dal mo-
mento che tiene conto anche dei fattori protettivi e delle opportunità di cambiamento. Una
diagnosi così costruita consente di individuare precocemente le traiettorie di rischio e di
predisporre interventi protettivi utili a deviare il trend negativo. Occorre però sottolineare
che nelle situazioni di violenza, così come in altre situazioni cliniche ad alta complessità,
l’intervento clinico è necessariamente parte di un progetto terapeutico integrato, multi-
fattoriale e flessibile, che consenta di articolare risposte su più livelli tenendo conto della
molteplicità dei bisogni espressi dalle persone. Proprio perché l’intervento della Psico-
logia clinica è solo una parte necessaria, ma non sufficiente di un progetto più ampio, si
evidenzia la necessità di esplicitarne accuratamente peculiarità e caratteristiche al fine di
evitare inutili sovrapposizioni. A questa necessità di specificazione, differenziazione e
contestualizzazione consentono di rispondere i “Protocolli Localmente Concordati” che
sono strumenti di micro-contesto fondamentali per l’esplicitazione di quelle che sono le
risposte specifiche della Psicologia clinica in tema di violenza in un dato territorio, in
risposta ai bisogni individuati. Nei Protocolli, l’intervento dello psicologo clinico viene
declinato tenendo conto del contesto sociale, dell’organizzazione specifica di appartenen-
za, delle risorse disponibili, della formazione e dell’esperienza. L’obiettivo dei protocolli
è quindi quello di contribuire alla costruzione di una pratica clinica basata sull’esperienza
e di una competenza “orizzontale” fondata sulla metodologia di approccio, piuttosto che
sulle singole tecniche di intervento.
2.2 L’intervento di Psicologia di comunità
Il paradigma proposto dalla Psicologia di comunità permette di prendersi cura di persone
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