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minalizzazione di alcune e di alcuni) dall’altro, non può che non portare alla colpevoliz-
          zazione delle proprie inadeguatezze, delle proprie incapacità alla disposizione a provare,
          a consumare, a rendersi competitivi nel mercato. In questo quadro non si può non vedere
          il passaggio da patologie legate ad un eccesso di rimozione, di ritegno, di controllo – si
          pensi all’isteria – come segnale in chiave patologica di un cambiamento degli imperativi
          della società nei confronti degli individui: al “contegno ed al controllo richiesti dal secolo
          scorso si sostituisce oggi la necessità di consumare, di godere pienamente, addirittura di
          prendere dei rischi” (Valleur, 2001). Due forze sembrano quindi contrapporsi: da un lato il
          desiderio ed il bisogno di aggrapparsi per poter dipendere, per avere qualcosa che richiami
          una relazione (fosse anche di dipendenza e di sofferenza per l’assenza), un obbligo, un
          impegno; richiamarsi a “qualcosa che ti aspetta e si aspetta determinati comportamenti
          da te”. Dall’altro lato, si contrappone il desiderio di fuggire, di sentirsi autonomi, non
          dipendenti (Croce, 2001). In altri termini, le nuove forme di dipendenza senza sostanze
          non possono essere osservate solamente in senso generale (o al contrario solo nei com-
          portamenti estremi), senza comprendere quali funzioni sociali ed individuali possano as-
          solvere, a quali bisogni possano rispondere e quali circolarmente creare; domandandosi
          anche in quale altro modo tali bisogni possano essere soddisfatti o resi meno distruttivi o
          disfunzionali, e come tali bisogni possano trovare canali alternativi per potersi esprimere
          e come possano essere ascoltati.
          Tuttavia il concetto di dipendenza senza sostanze appare piuttosto complesso, discusso e
          discutibile dal punto di vista della sua definizione. Rischiano infatti di essere comprese in
          tale categoria concettuale una serie ampia e diversificata di situazioni, non sempre facil-
          mente circoscrivibili in un quadro interpretativo e definitorio di dipendenza. La necessità
          di ricondurre i diversi comportamenti ad elementi oggettivi e confrontabili in grado di
          differenziare le condotte di dipendenza da comportamenti ha portato diversi studiosi a
          proporre sistemi di classificazione delle dipendenze patologiche non da sostanze, sebbene
          tale obiettivo non sia stato ancora raggiunto e condiviso dalla comunità scientifica. La ne-
          cessità di ricondurre i diversi comportamenti ad un oggetto preciso, in grado di differen-
          ziare le condotte di dipendenza dai semplici comportamenti abitudinari, ha portato Aviel
          Goodman a proporre nel 1990 una definizione ordinata dei criteri del gioco patologico e
          delle dipendenze da sostanze. I criteri di Goodman sono piuttosto conosciuti nella lette-
          ratura specialistica e sono considerati utili, soprattutto come base per la definizione delle
          dipendenze con o senza droghe.
          Tuttavia, è necessario precisare che tali criteri non presentano alcun valore di ufficialità,
          in quanto le categorie di dipendenza in senso esteso non sono state (ancora) integrate nei
          manuali e nei sistemi di classificazione internazionali delle patologie. Vi è quindi un certo
          numero di nuove dipendenze che devono essere ancora valutate e riconosciute ufficial-
          mente come tali.
          La definizione di dipendenza secondo Goodman:

          A/ Impossibilità di resistere all’impulso di mettere in pratica un determinato comporta-
             mento;
          B/ Sensazione crescente di tensione immediatamente precedente l’inizio dell’atto;
          C/ Il piacere o il sollievo variano in funzione della durata dell’atto;
          D/ Sensazione di perdita di controllo durante l’atto;

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