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Rete e strutture del territorio: affidamenti presso famiglie, persone singole, comunità di
tipo familiare.
Centri Diurni: modalità di servizio prevalentemente sociale, talora con possibilità di mo-
desti controlli sanitari.
Centri Diurni Integrati: si tratta di una struttura di erogazione di servizi per anziani disa-
bili o con problemi di natura assistenziale e difficoltà di una gestione efficace al domicilio.
La finalità è evitare o posporre l’istituzionalizzazione, sollevare la famiglia e talora offrire
prestazioni riabilitative accanto a quelle sociali.
Hospice: a tale struttura sono destinati i malati terminali che pur non avendo bisogno di
ospedalizzazione, tuttavia, necessitano di quella assistenza continuativa che possa salva-
guardare le risorse residuali del paziente, la sua dignità umana.
3.2.4 Caregiver
L’intervento psicologico rivolto ai caregiver può essere articolato secondo tre livelli:
Informazione: l’obiettivo è quello di dare al familiare informazioni sulla malattia, sulle
cause di alcuni sintomi e sulle modalità più corrette per affrontarli (per far sì che molti
problemi possano essere evitati o prevenuti) sulle necessità presenti e future dell’anziano,
sui servizi esistenti sul territorio e sulle possibilità di supporto sociale. Attraverso la co-
stituzione di gruppi psicoeducativi, lo psicologo potrà fornire alcuni consigli pratici sulla
gestione dei problemi di tipo psicologico e comportamentale del malato, informazioni
sulle conseguenza del lavoro assistenziale e sulle modalità di gestione dello stress e del
disagio psicologico.
Consulenza: Il caregiver frequentemente sperimenta sentimenti di isolamento, imprigio-
namento e tensione; il sovraccarico assistenziale per il caregiver si somma all’impegno
legato allo svolgimento di ruoli professionali, familiari e genitoriali, con tutte le conse-
guenze che ciò comporta sulla dimensione affettiva, la disponibilità di tempo e lo stress
psicofisico. La consulenza psicologica deve avere come scopo la promozione nei con-
fronti del caregiver di un atteggiamento che deve evitare da una parte l’insorgenza di un
senso di disperazione e di impotenza e dall’altra le false speranze, cercando di fornire al
familiare una visione il più possibile realistica della situazione assistenziale. È necessario
che il caregiver sia reso consapevole che l’evoluzione della malattia impone ai familiari
un costante adeguamento nel proprio atteggiamento e nelle proprie aspettative alle mutate
condizioni del malato, ma è altrettanto importante che sia informato che, malgrado l’evo-
luzione progressiva della malattia, c’è sempre lo spazio per fare qualcosa per far vivere il
malato con dignità e per arginare lo stress di chi si occupa dell’assistenza. Inoltre i fornito-
ri d’assistenza devono essere consapevoli della necessità di mantenere fin dall’inizio della
malattia spazi di tempo libero nell’arco della giornata, ricorrendo all’aiuto di familiari,
amici oppure ai servizi pubblici.
In questo ambito lo psicologo può fornire interventi di consulenza psicologica per il care-
giver sulle difficoltà del lavoro assistenziale che possono essere riferite sia al singolo sia
al contesto familiare.
Intervento: Da alcuni studi emerge che la frequenza di depressione nel caregiver è di circa
tre volte superiore a quella di soggetti, omogenei per variabili socio-demografiche, non
coinvolti nell’assistenza o rispetto alla popolazione normale. Inoltre con il caregiving
aumenta il rischio di comportamenti poco salutari: poche ore di sonno, minimo esercizio
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