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crementare le donazioni perché senza donazioni non ci sono trapianti; tuttavia, nonostan-
te gli sforzi, il conseguimento di tale obiettivo appare piuttosto difficile poichè dipende
da molti fattori: culturali, religiosi, livello di istruzione, corretta informazione, adeguata
conoscenza del problema, consapevole condivisione della cultura della donazione e del
trapianto; inoltre dall’attività e dalle opinioni degli operatori sanitari.
L’ambito della donazione e del trapianto vede infatti intrecciarsi una complessità di va-
riabili e può essere affrontato da diverse prospettive: organizzativa, economica, culturale,
familiare, psicologica, sociale, etica, religiosa, antropologica etc. Qui l’attenzione sarà
posta sugli aspetti psicologici, che giocano un ruolo fondamentale sia nella donazione
che nel trapianto e post trapianto.
Studi recenti mostrano che donano di più coloro che hanno compreso il significato del
concetto di morte encefalica, che sono convinti che un paziente in morte encefalica sia
realmente morto e che si sentono seguiti ed accuditi.
Le fasi pre e post-trapianto sono entrambe momenti estremamente delicati e l’attenzione
agli aspetti psicologici è cruciale ai fini della valutazione dei rischi, della preparazione
all’intervento e per un buon decorso post operatorio (…).
Nei trapianti di fegato, polmone o midollo osseo è emerso che specie nella fase di valu-
tazione precedente al trapianto i pazienti hanno un considerevole bisogno di counselling,
inoltre, che il grado di “vulnerabilità” psicosociale che esprimono predice gli outcomes
psicosociali dei pazienti nel post-trapianto. L’importanza delle variabili bio-psico-sociali
è riconosciuta anche nel trapianto di cuore, infatti da 5 a 10 anni dal trapianto esse predi-
cono la soddisfazione per l’intera qualità di vita e per quella legata alla salute. Il valore del
follow up è sottolineato dal fatto che i primi anni dopo l’intervento sono particolarmente
delicati per il paziente come per i familiari; è stato osservato che durante i primi tre anni
post trapianto il 25.5% dei trapiantati di cuore sperimenta episodi di disturbo depressivo
e questa percentuale sale al 51% in quelli con pregressa storia psichiatrica. La qualità
dell’esperienza del periodo di attesa viene citata come causa più comune delle reazioni
post-trapianto ed il fatto di disporre o meno di supporto familiare, come uno dei principali
fattori di rischio. La necessità di prestare attenzione al contesto familiare del paziente è
rimarcata da un altro studio condotto su pazienti sottoposti a trapianto di fegato nei quali
è stato accertato come i sintomi di depressione ed ansia post-trapianto fossero influenzati
anche dal grado di salute mentale dei familiari. Uno studio molto recente condotto con
malati che hanno ricevuto diversi tipi di trapianto e con i loro familiari stretti ha confer-
mato che l’ansia elevata nei pazienti appena dopo l’intervento si correla, a un anno dal
trapianto, ad un aumento di sintomi di ansia e depressione sia nei pazienti che nei familiari
e ad un peggioramento della qualità di vita.
Saper riconoscere e gestire l’influenza dei fattori psicologici sullo stato di salute è una
esigenza ravvisata anche nei pazienti con trapianti di rene in quanto è noto che i fattori
emotivi condizionano il sonno dei pazienti; infatti, nella diagnosi di tali disturbi, è richie-
sto ai nefrologi di saper distinguere tra fattori di rischio medici e aspetti psicologici quali
depressione, ansia, paura, in modo da garantire il trattamento più adeguato.
In Italia il C.N.T. (Centro Nazionale Trapianti) col sostegno degli “GLIPSITO”- Gruppo
di Lavoro Italiano sugli Aspetti Psicologici e Psichiatrici dei Trapianti d’Organo – (re-
centemente trasformato nella società SI.PSI.TO, Società italiana psicologi e psichiatri
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