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Il processo di aziendalizzazione del Servizio sanitario ha introdotto negli ultimi venti anni
un profondo cambiamento del paradigma relativo al mandato sociale dell’organizzazione
sanitaria, alle sue tradizionali modalità di operare ed alla sua legittimazione.
Fermo restando il mandato sociale di migliorare lo stato di salute della popolazione e di
rispondere ai bisogni di salute, il processo di aziendalizzazione – a sua volta legato al pro-
gressivo impoverimento delle risorse economiche che ha gravato e grava su alcuni aspetti
del Welfare e dell’assistenza sanitaria in particolare – ha portato al centro dell’attenzione
i concetti:
di efficacia, come capacità di realizzare gli obiettivi assegnati;
di efficienza come razionalizzazione nell’impiego delle risorse per la realizzazio-
ne degli stessi;
di appropriatezza come precisione nella definizione degli obiettivi e dei percorsi
da intraprendere per raggiungerli;
di economicità come ottimizzazione del rapporto costi/benefici.
L’aziendalizzazione ha di fatto prodotto un cambiamento culturale soprattutto sulla legit-
timazione dell’organizzazione sanitaria e delle prestazioni fornite, scardinando l’aprio-
ristico legame con il mandato sociale e ponendola in relazione, invece, con la domanda
dell’utenza, della committenza e del contesto sociale.
Non più, quindi, centralità del nucleo tecnico e considerazione del cliente come “nucleo
invariante”, ma rilevante orientamento alla centralità della soddisfazione del cliente nella
valutazione della performance.
Ciò implica, d’altronde, una modificazione della funzione organizzativa: dalla modalità di
tipo adempitivo rispetto a norme già date alla capacità di costruire e raggiungere obiettivi
specifici ed adeguati alle diverse domande e ai differenti contesti: da un’organizzazione
per funzioni, cioè, ad una per processi.
Proprio la sfida dell’aziendalizzazione ha permesso alla psicologia di definire, in maniera
più precisa ed appropriata, il proprio ruolo all’interno del Servizio sanitario, superando, an-
che se in modo disomogeneo, il tradizionale modello del lavoro psicoterapeutico con il sin-
golo utente “portatore di disagio” e rapportandosi, invece, al contesto multidimensionale in
cui il Servizio Sanitario si trova ad agire, con un orientamento al cliente e al servizio.
La psicologia si è posta in una prospettiva che tende a coniugare, come scrive Carli, la
“valenza professionale”, intesa come rispondenza dell’offerta professionale psicologica
alla domanda del cliente e del contesto, al “sapere tecnico”, come garanzia di corretta
applicazione delle teorie e delle tecniche, alla “competenza organizzativa”, fondata su
una funzione integrativa a più livelli: tra tecnico e utente, tra servizi interni ed ester-
ni all’Azienda, tra professionalità, nella risposta alla domanda complessa di salute che
l’utenza propone.
Per questi bisogni complessi è necessaria una risposta integrata che tenga conto della
complessità e delle interrelazioni presenti nella domanda di salute, delle risorse necessarie
(intraindividuali, tecnico – scientifiche, relazionali e sociali), delle modalità per attivarle
al meglio con l’attuazione di percorsi diagnostico – terapeutici, riabilitativi, preventivi,
ma soprattutto promotivi, articolati ed integrati con tutti i servizi e le professioni sanitari
e sociosanitari.