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Esperienze e contributi degli psicologi sanitari

AREA ORGANIZZAZIONE E LAVORO

Il Sole 24 Ore SANITA' (6 - 12 novembre 2001)

L'intervento psicologico nell'Ospedale

Uno studio SIPSOT durato tre anni mette in luce i bisogni del paziente, della famiglia e degli operatori che richiedono " l'umanizzazione dell'assistenza"

Risparmi emotivi ma anche economici con un'assistenza mirata alla qualità

di
Dott. Gaetano Trabucco - VicePresidente S.I.P.S.O.T.-
Referente Nazionale Psicologia Ospedaliera <trabucco@sis.it>


Il dialogo operatore-paziente
L'intervento psicologico in Ospedale Generale è un tema di grande attualità che coinvolge i pazienti, i familiari e gli operatori di molte Ospedali, siano essi Aziende Autonome (A.S.O.) oppure compresi nelle A.S.L. territoriali.
Sono in atto profondi cambiamenti che interessano l'organizzazione, l'approccio ai pazienti ed il rapporto tra ospedale e cittadini malati.
Concetti quali "consenso informato" "qualità di vita" "umanizzazioneä dell'assistenza, ecc., impongono il superamento della visione meccanicistica che considera il paziente come un insieme d'organi malati da riparare, per riportare in primo piano il concetto di persona malata intesa nella sua globalità.
Il processo di aziendalizzazione presta particolare attenzione al rapporto costo/benefici, alla qualità, all'appropriatezza degli interventi erogati e alla soddisfazione dei malati per il trattamento ricevuto (custom satisfaction); al contempo, chiede a tutti i cittadini un'attiva e consapevole partecipazione alla gestione dei loro problemi di salute e di malattia.
Il Piano Sanitario Nazionale ha enfatizzato questi obiettivi ed ha indicato le linee guida da seguire per passare dal concetto di "sanitàä a quello di "saluteä e per recuperare, nel processo di cura, la centralità della persona malata.
Questo cambio di prospettiva è radicale ed impegna il Sistema Sanitario Nazionale a garantire da un lato, il mantenimento più a lungo possibile dello stato di salute, promuovendo stili di vita e condizioni ambientali più sane; dall'altro, una presa in carico individuale delle persone malate finalizzata alla "cura della persona" piuttosto che alla cura della sola malattia come ancora accade in numerose circostanze.
La scelta di recuperare, come valore, il concetto di "persona malataä implica che nell'approccio al paziente, l'attenzione deve rivolgersi allo stesso modo, alle necessità fisico-organiche ed ai bisogni emotivi e psicologici; tale attenzione deve essere ancora più forte nei confronti dei pazienti gravi, più deboli e quindi più soggetti a sviluppare sofferenze emotive, psicologiche e relazionali.
Tra le persone che afferiscono all'Ospedale Generale esiste una fascia di utenza compresa tra il 20 al 45% (per alcuni più larga) che, per la natura dei suoi disturbi e per le problematiche che manifesta , necessita di un'assistenza psicologica specifica, da non confondere con l'assistenza psichiatrica, con quella del servizio sociale e quella religiosa.
In passato, specie con i malati affetti da patologie gravi, croniche e a prognosi infausta, tali problematiche sono state sottovalutate o considerate secondarie rispetto alla necessità di tenere in vita il paziente; l'attenzione ai bisogni psicologici era lasciata alla "sensibilitàä individuale dei singoli operatori i quali, in tal senso, hanno svolto un importante ruolo di supplenza.
Oggi, grazie alle conoscenze e ai risultati ottenuti attraverso le numerose esperienze di collaborazione tra medici e psicologi, il panorama è completamente cambiato.
L'intervento psicologico è sempre più richiesto e diffuso ed è parte integrante di una gran varietà di protocolli diagnostici, terapeutici e riabilitativi attuati negli ospedali più avanzati ed accreditati del mondo.
Una grande espansione hanno avuto i programmi finalizzati alla gestione del disagio emotivo, psicologico e relazionale conseguente alle gravi malattie organiche; quelli svolti per il miglioramento dell'assistenza e della qualità di vita dei pazienti; quelli rivolti alla gestione del disagio dei familiari; inoltre, i programmi di aiuto e di formazione psicologica degli operatori che trattano i pazienti cronici, "critici" quelli a prognosi infausta.
Anche in Italia, la Psicologia Ospedaliera ha subito un notevole sviluppo e la domanda di assistenza psicologica è cresciuta parallelamente alla complessità della medicina, della diagnostica, delle terapie mediche e/o chirurgiche e delle sempre più articolate tecniche di riabilitazione.
Tre fattori principali hanno sostenuto tale crescita:
1. la forte domanda di assistenza psicologica proveniente dai pazienti ricoverati o in cura ambulatoriale e dai loro familiari che, quasi sempre su consiglio del medico di reparto, vengono inviati per una consultazione; principali committenti del Servizio di Psicologia sono, infatti, i medici specialisti che lavorano nei vari reparti dell'ospedale a cui si aggiungano i medici di medicina generale, talvolta gli infermieri , gli assistenti sociali, i tecnici della riabilitazione, ecc. Infine, i pazienti che autonomamente chiedono la prestazione.
2. la progressiva crescita del numero di operatori (medici ed infermieri) che, per rispondere alle esigenze dei malati vogliono superare il "buon senso" lo spontaneismo, l'umanitàä e chiedono di dotarsi di strumenti e conoscenze psicologiche adeguate per gestire, autonomamente, il rapporto operatore-paziente , specie con i malati più gravi e con maggiori sofferenze;
3. la consapevolezza dell'efficacia degli interventi psicologici per il successo dei programmi di miglioramento della qualità, dell'umanizzazione dell'assistenza sanitaria e del risparmio di risorse, sia umane che economiche
La Psicologia Ospedaliera, negli ultimi venti anni, ha acquisito anche in Italia, una precisa identità culturale, scientifica e metodologica e, nel corso di questi anni, ha definito più precisamente le problematiche di cui si occupa, gli utenti che ne usufruiscono, le metodiche che utilizza e l'organizzazione dei Servizi di Psicologia all'interno degli Ospedali Generali.

- Problematiche di cui si occupa la Psicologia in Ospedale Generale
Le principali problematiche di cui si occupa la Psicologia Ospedaliera riguardano:
- il disagio psicologico che, in misura diversa, accompagna ogni esperienza di malattia; la comparsa di una malattia, improvvisamente o progressivamente, rappresenta la rottura di un equilibrio, una minaccia che, a seconda del tipo e della gravità, produce modificazioni nella vita personale, familiare, sociale e lavorativa. Alcune patologie modificano radicalmente la propria vita e quella dei familiari, talvolta causano importanti capovolgimenti economici; altre volte sono vissute come vere e proprie äcondanneä definitive. In altri termini, quando una persona si ammala, si ammala nella sua totalità.
- la sofferenza emotiva di un'ampia fascia di malati affetti da patologie spesso gravi, croniche e/o a prognosi infausta (AIDS, cancro, dialisi, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, ustioni gravi, politraumi, diabete, ecc.) i quali in aggiunta ai problemi fisici, devono confrontarsi con reazioni emotive molto intense e con sequele psicologiche complesse che rendono ancora più difficile la loro esperienza di malattia.
- gli effetti che tale sofferenza emotiva ha sul paziente, i suoi familiari e sugli operatori;
- l'assistenza psicologica, ai pazienti e ai loro familiari, erogata nell'ambito dei protocolli diagnostici e terapeutici specialistici, inerenti vari contesti assistenziali come i trapianti d'organo, la riabilitazione motoria, cardiologica, respiratoria, neuropsicologica; la chirurgia speciale nelle gravi obesità; la patologia neonatale, e rianimazione pediatrica, la maternità assistita, ecc.
La Psicologia Ospedaliera, quindi, si occupa dei disturbi, psicologici, neuropsicologici, affettivi dei malati degenti o in cura ambulatoriale e delle difficoltà emotive e relazionali delle persone "normaliä che a causa di una patologia quasi sempre organica, acuta o cronica, medica e/o chirurgica afferiscono all'Ospedale Generale.
Le reazioni psicologiche, emotive e relazionali conseguenti alle patologie in atto, raramente sono di natura psichiatrica; esempi sono quelle di un paziente alla comunicazione di una diagnosi di malattia cronica o infausta o quelle di una donna a cui venga diagnosticato un cancro del seno; queste reazioni, benché intense, vanno interpretate nell'ottica della dialettica emotiva e psicologica interiore propria delle persone normali anche quando sono dure, faticose e complesse e necessitano di un intervento psicologico specifico e/o psicofarmacologico.
Altre problematiche di cui si occupa la Psicologia ospedaliera sono:
- il supporto e la formazione psicologica degli operatori, specie quelli delle aree "critiche;
- il miglioramento della qualità di vita dei malati;
- l'"umanizzazioneä dell'assistenza;
- la prevenzione e promozione della salute;
In sintesi, le aree direttamente interessate dalla Psicologia Ospedaliera sono tre, cioè quella della sofferenza psichica del paziente e dei suoi familiari; quella della formazione degli operatori ; quella della organizzazione del lavoro.

- Utenti del Servizio di Psicologia Ospedaliera
Gli utenti del Servizio di Psicologia sono i pazienti, i familiari, gli operatori e l'istituzione ospedaliera:
- Pazienti: lo scopo dell'intervento psicologico è di alleviare la sofferenza psichica e di prevenire e gestire il disagio emotivo e psicologico conseguente allo sviluppo della malattia organica poiché spesso , come accade con i pazienti di area "critica" questi diviene causa di nuovi problemi.
L'area "critica" è un ambito clinico-assistenziale dove afferiscono pazienti "critici" , cioè affetti da gravi patologie mediche e/o chirurgiche, acute o croniche; ad esempio: quelli con malattie organiche, croniche , a prognosi infausta (Dialisi, Cancro, AIDS, Sclerosi M, Alzheimer, altre patologie croniche ed invalidanti); quelli sottoposti a importanti interventi chirurgici (mutilazioni, chirurgia speciale, politraumi ecc.); quelli ricoverati presso i reparti di terapia intensiva e/o semintensiva (Neurochirurgia, Patologia Neonatale e Terapia Intensiva Pediatrica, Centro Ustioni, ecc.); quelli impegnati nei programmi di trapianti d'organi e successiva riabilitazione (cuore, polmone, fegato, cornee, ecc.).
I malati di questa area per la natura dei loro disturbi e sotto la spinta di reazioni emotive molto intense tendono ad instaurare con gli operatori relazioni terapeutiche peculiari all'interno delle quali riversano tutta la loro sofferenza emotiva e psicologica.
Tale sofferenza, se rimane irrisolta, nel corso del tempo si stabilizza ed alimenta un disagio psicologico aggiuntivo che produrrà effetti visibili a diversi livelli:
a- nel paziente, ad esempio, attraverso l'accentuazione dei sintomi attuali, la comparsa di nuovi sintomi "funzionali ", di disturbi del comportamento, della compliance e/o dell'adattamento;
b - nel rapporto operatore-paziente attraverso forme variegate di conflittualità, oppure pensieri, vissuti ed emozioni difficili da gestire, ansietà, aggressività, ecc.
c- nei rapporti tra gli operatori mediante l'acuirsi di tensioni e contrasti tra le varie figure professionali; difficoltà nel lavoro in équipe, calo dell'efficienza, ecc.
Tutti questi effetti, nel loro insieme, rappresentano un costo economico ulteriore perché, ciascuna delle disfunzioni sopra elencate si traduce, concretamente in spese ulteriori per nuovi esami diagnostici, nuove terapie e nuovi costi che si renderanno necessari.
Ma, anche la mancata o inadeguata preparazione dei pazienti ad un trapianto d'organo o ad un intervento chirurgico demolitivo può predisporre a reazioni psicologiche complesse che possono condizionare i tempi di ripresa postoperatori ed in casi eccezionali, specie quando si sviluppano angosce cui si associano dubbi, non accettazione o rifiuto psicologico dell'organo trapiantato, persino l'esito finale dell'intervento.
- Familiari: nella situazione sanitaria attuale i familiari vengono sempre più spesso coinvolti nei programmi di assistenza , sia perché dopo l'introduzione dei D.R.G. è diffusa la tendenza a ridurre al necessario i giorni di ricovero, sia perché essi sono indispensabili quando si tratta di gestire lunghi percorsi di riabilitazione o pazienti affetti da malattie croniche e/o a prognosi infausta, oppure pazienti non autonomi, assolutamente dipendenti.
La funzione del familiare che assiste quotidianamente il malato totalmente dipendente (caregiver) è una risorsa importante anche sul piano terapeutico ed il medico può utilizzarla non solo a garanzia della continuità dell'assistenza e del supporto al paziente, ma anche come una valida alternativa all'istituzionalizzazione, cioè al ricovero.
Spesso, infatti, il ricovero dei pazienti cronici, è motivato più dalle necessità dei familiari di avere anche un po' di "respiro" che da particolari complicanze cliniche sopraggiunte.
Nella letteratura scientifica è stato ampiamente dimostrato, nei malati cronici e negli anziani, che il "family supportä è direttamente collegato col miglioramento della qualità della vita ed è stata registrata pure una maggior efficacia dei programmi di riabilitazione nei malati con lesioni motorie, in presenza di un adeguato supporto familiare.
Il ruolo del familiare è particolarmente importante nella gestione dei pazienti affetti da patologie degenerative del sistema nervoso centrale come l'Alzheimer; periferico come la sclerosi laterale amiotrofica, la sclerosi multilpa,; malattie muscolari come la miodistrofia; la dialisi; gli interventi chirurgici mutilanti; le patologie midollari, ecc.
Il family support tuttavia, non sempre si produce autonomamente; esso rappresenta un'importantissima risorsa che deve essere sviluppata e sostenuta, specialmente sul piano psicologico per evitare i rischi di burn-out, in particolare del caregiver.
- Operatori sanitari: Il lavoro principale con gli operatori è l'attività di formazione e sostegno psicologico per:
- migliorare la qualità della relazione col paziente;
- fornire conoscenze e strumenti psicologici minimi che consentano di gestire autonomamente i problemi che nascono nel rapporto col paziente.
Nelle normali attività assistenziali svolte nei reparti come l'Oncologia, Dialisi, Centro Ustioni, Malattie Infettive, Hospice, Rianimazioni, Terapie Intensive e Semintensive, cioè in "area critica" la relazione operatore-paziente è spesso stretta, frequente, coinvolgente e duratura; inoltre, al suo interno i pazienti e i loro familiari riversano i vissuti di impotenza, abbandono, solitudine, dolore, angoscia, morte, ecc. ed esprimono dubbi e richieste cui è difficile, talvolta impossibile, dare delle risposte.
Questo particolare clima emotivo, nel corso del tempo, coinvolge gli operatori oltre che sul piano professionale anche su quello personale ed umano.
Lo stress psicologico che ne deriva produce un calo dell'efficienza lavorativa, fenomeni di assenteismo e, nei casi più gravi, una vera e propria sindrome di Burn-out..
Il rischio di burn-out si manifesta quando l'operatore sanitario, appesantito dallo stress ambientale e da quello emotivo-relazionale va in crisi e mette in atto comportamenti ed atteggiamenti disfunzionali, sia nei confronti dei pazienti che dei colleghi.
Se il disagio permane l'operatore stesso può sviluppare dei sintomi, ammalarsi e questo può portarlo all'esonero da quella mansione.
Programmi adeguati e finalizzati di formazione psicologica consentono ai medici e agli infermieri di elevare l'efficacia dei loro interventi, migliorare la qualità della relazione col malato , i rapporti con i colleghi, l'efficienza lavorativa, ridurre i rischi di burn-out e naturalmente i costi complessivi dell'assistenza .
- Istituzione Ospedaliera: un particolare "utenteä del Servizio di Psicologia è l'Istituzione ospedaliera quando questa richiede il contributo degli psicologi per realizzare programmi relativi alla qualità e alla "umanizzazioneä dell'assistenza, alla soddisfazione dei pazienti (custom satisfaction), all'accreditamento, alla certificazione di qualità, oppure quando richiede interventi psicologici di supporto ai processi di cambiamento organizzativi all'interno della complessa organizzazione ospedaliera (dipartimenti, lavoro in équipe, front-line, back-line, ecc.).
Il raggiungimento di tali obiettivi richiede lo sviluppo di programmi di intervento psicologico finalizzati a:
- migliorare l'efficienza e l'efficacia delle prestazioni;
- sviluppare il sistema informativo aziendale;
- all'accreditamento e alla certificazione di qualità;
- raccogliere dati per indagini epidemiologiche sui bisogni salute psicologica;
- favorire il processo di aziendalizzazione;
- gestire le dinamiche psicologiche indotte nel personale da
tale processo;
Oltre all'attività rivolta ai pazienti degenti, la Psicologa Ospedaliera può contribuire allo sviluppo di un altro ambito di grande interesse per molte A.S.L., cioè quello della prevenzione e promozione della salute su temi specifici come il fumo, l'alcool, il consumo di farmaci, ecc.

- Metodiche e tecniche utilizzate dagli Psicologi Ospedalieri
Gli strumenti ed i metodi che gli psicologi ospedalieri utilizzano per realizzare gli obiettivi sopra descritti sono propri della psicologia e sono differenti da quelli utilizzati da altri professionisti appartenenti a discipline affini, ma diverse per teoria, prassi, obiettivi e metodologie.
Gli psicologi ospedalieri sono prima di tutto Psicologi Clinici in quanto svolgono attività di: psicodiagnosi , counseling psicologico , formazione psicologica, supervisione di casi clinici, case management , riabilitazione psicologica , psicoterapie brevi, individuali, gruppo, training autogeno, neuropsicologia clinica, ricerca, didattica, ecc.
Essi però, per realizzare interventi individuali, di gruppo o istituzionali finalizzati all'assessment del personale, alla gestione delle risorse umane, alla comunicazione aziendale, alla formazione psicologica degli operatori d'assistenza, a quelli del front-line, del back-line, ecc devono possedere anche nozioni di Psicologia dell'Organizzazione; inoltre, per organizzare programmi di interventi su gruppi e sulla comunità finalizzati all'empowerment della salute e lo sviluppo di relazioni solidali in ambiti sociosanitari ad alta integrazione sanitaria, di Psicologia di Comunità; infine, per sviluppare programmi di promozione della salute, prevenzione del disagio, nuove politiche della salute, nuovi stili di vita, di Psicologia della Salute.
Nel panorama culturale e scientifico della Psicologia Ospedaliera italiana, alcuni modelli di intervento sono risultati particolarmente efficaci; tra quelli finalizzati all'assistenza psicologia ai pazienti, ai familiari e agli operatori che afferiscono all'area "critica" quello denominato "Modello Integratoä sembra essere tra i più innovativi.
Questo approccio agisce tramite gli operatori ed attraverso la relazione operatore-paziente si sviluppa, contemporaneamente, su più livelli (assistenza, formazione, organizzazione).
La duttilità di tale modello, applicato in diversi ambiti assistenziali, ha suscitato l'interesse di medici, psicologi ed infermieri di altre realtà sanitarie ed è stato presentato, sia in ambito nazionale che internazionale.
Questa metodica è stata parte integrante di un Ricerca Sanitaria Finalizzata, finanziata dalla Regione Veneto, svolta a Verona in collaborazione tra Psicologi, Nefrologi e Infermieri, per valutare con indicatori biologici, psicologici, comportamentali e di efficienza, l'efficacia e gli effetti dell'assistenza psicologica svolta a favore dei pazienti sottoposti a trattamento dialitico cronico.
La sintesi dei risultati di questo studio è descritta nelle pagine successive.

- Organizzazione del Servizio di Psicologia Ospedaliera
Lo sforzo che la maggior parte degli Psicologi ospedalieri hanno fatto è stato di far crescere all'interno degli Ospedali Generali, specie quelli più grandi, Servizi, Unità Operative, struttura semplici o complesse di Psicologia Ospedaliera centralizzate ed autonome, alternative all'inserimento di psicologi "qua e làä nei singoli reparti; tale scelta è vantaggiosa per molte ragioni: consente agli psicologi di organizzare il lavoro in conformità con le modalità tecniche richieste dalle metodiche psicologiche; produce una efficace integrazione della funzione psicologica nei reparti e nelle équipe dove è richiesta ; assicura la necessaria autonomia operativa e clinica.
Un aspetto non secondario di tale organizzazione è che essa offre diverse garanzie e cioè: risposte qualificate e di qualità a ciascuno degli utenti; la supervisione clinica del lavoro svolto; la raccolta di dati in maniera omogenea per indagini di tipo epidemiologico, al partecipazione al sistema informativo aziendale; la verifica e la revisione di qualità, l'avvio di procedure di accreditamento e di certificazione di qualità; il coordinamento, la formazione e l'aggiornamento degli psicologi; lo svolgimento di programmi di ricerca; la continuità operativa (ferie, malattie, studio, ecc.) delle attività del Servizio, maggior produttività e conseguente riduzione dei costi.
Inoltre, la presenza di un Servizio centralizzato favorisce l'accesso di tutti gli utenti alle prestazioni psicologiche; infatti, le richieste possono essere rivolte direttamente al "Servizio di Psicologia Ospedaliera" su consiglio del medico curante, oppure autonomamente da ciascun paziente, familiare o operatore che ritenga di avere bisogno di tale tipo di assistenza.

- La Psicologia Ospedaliera in un grande Ospedale Generale - Ricerca Sanitaria Finalizzata - Regione Veneto
Il Servizio di Psicologia Clinica Ospedaliera (Resp. Dott. G. Trabucco) della Divisione di Neurologia (Prim. Prof. G. Ferrari), dell'Azienda Ospedaliera di Verona , fornisce da oltre venti anni assistenza psicologica presso l'Ospedale Civile Maggiore (O.C.M.), agendo direttamente con i pazienti o indirettamente, tramite gli operatori e i familiari; in alcuni reparti, utilizzando entrambi gli approcci.
La gestione delle problematiche emotive e psicologiche avviene per lo più attraverso protocolli concordati con i colleghi medici ed infermieri delle altre Divisioni, Dipartimenti o Servizi dell'Ospedale.
Gli ambiti attuali d'intervento sono così suddivisi: protocolli d'interventi in area "criticaä(Dialisi, Centro Ustioni, Patologia Neonatale, Terapie Intensive, ecc.) protocolli d'interventi in altre aree (Neurologia, Medicina Generale, Endocrinologia, Dermatologia, Riabilitazione, , ecc.); attività ambulatoriali per pazienti interni, esterni, Day Hospital; gestione dell'assistenza psicologica nel programma Donazione e Trapianti d'organo (cuore, polmone, reni, cornee, ecc); attività di studio, ricerca sanitaria e formazione psicologica degli operatori di "area criticaä.
Il lavoro d'assistenza psicologica in area "critica " assorbe la maggior parte delle risorse disponibili.
Tra le collaborazioni in atto, quella con la Divisione e Cattedra di Nefrologia Medica dell'O.C.M. (Direttore Prof. G. Maschio), dell'Azienda Ospedaliera di Verona, si sviluppa da molti anni..
Nell'ambito di questa consolidata collaborazione è stata svolta la Ricerca Sanitaria Finalizzata (R.S.F) di seguito riportata, relativamente ad un campione controllato di pazienti affetti da insufficienza renale cronica (IRC) e sottoposti a trattamento dialitico continuativo.
La ricerca denominata "Terapia dialitica e bisogni psicologiciä: Un Modello "Integratoä di risposta assistenziale (Responsabile Dott. G. Trabucco) è stata finanziata dalla Regione Veneto.
Lo studio iniziato nel 1997, è durato circa tre anni ed ha coinvolto i pazienti, i familiari e gli operatori di diversi centri di dialisi, ovvero Centri Ospedalieri (C.O.) e Centri ad Assistenza Limitata (C.A.L); a tutti va il ringraziamento per l'impegno altruistico e costante che ne ha consentito la realizzazione.

Premessa
L'Insufficienza renale cronica (IRC), in assenza del trapianto di rene, è causa di morte sicura e la dialisi è l'unica terapia capace di tenere in vita il paziente; in Italia interessa circa 41000 persone e nel Veneto oltre 3200.
La perdita della funzione renale e della possibilità della minzione, l'inizio del trattamento dialitico, la "perdita" del proprio ruolo sociale, familiare, lavorativo, associate allo stato di dipendenza nei confronti della "macchina" per la dialisi, degli operatori e dei familiari, favorisce la comparsa di problemi psicologici, anche di una certa gravità.
A questi vissuti, si aggiungano quelli dovuti alla cronicità della malattia, alle limitazioni nel mangiare e nel bere, al timore di non farcela, di rimanere da soli, ecc.
Tali problematiche, che in misura diversa coinvolgono tutti i pazienti, compaiono precocemente, sono inevitabili e tendono a rimanere costanti nel tempo.
Il disagio psicologico che ne consegue, quando rimane irrisolto, produce un aumento della sofferenza psicologica che si esprime a più livelli e una lievitazione dei "costiä globali del trattamento dialitico.
I malati reagiscono attraverso i sintomi (astenia, insonnia, prurito, dolori, ipotensione, ecc.); mediante comportamenti (mancanza di collaborazione, "crisi" durante la dialisi, ecc.); con disturbi della compliance (rifiuto della dieta, del controllo del peso, dell'assunzione di farmaci, ecc.); infine, attraverso forme di disadattamento (ansietà, depressione, altri scompensi psicologici, ecc.).
I familiari pure ne risentono, in particolare il caregiver.
Il rapporto operatore-paziente si complica e nel gruppo degli operatori emergono contrasti, discordie, formazione di sottogruppi, demotivazione, inefficienza, assenteismo e, nelle situazioni più complesse, la sindrome del Burn-out.
L'interdipendenza tra il disagio emotivo, le reazioni disadattate dei pazienti e le difficoltà degli operatori è stata ipotizzata ma mai adeguatamente studiata ed approfondita.

Ricerca
Lo studio si basa sull'utilizzo, o meno, di due procedure fondamentali: il "Modello Integratoä di assistenza psicologica e l'äAccoglimento Programmatoä.
* il "Modello Integratoä di assistenza psicologica in emodialisi è una modalità operativa da noi elaborata e verificata nel corso di dieci anni circa di collaborazione tra il Servizio di Psicologia Clinica della Divisione Neurologia e il Servizio di Emodialisi della Divisione Clinicizzata di Nefrologia Medica dell'O.C.M. di Verona (Emodialisi e bisogni psicologici, un "Modello Integratoä di risposta assistenziale; EdiSes, Napoli, 1995).
Questo approccio, che in seguito è stato ampliato ed esteso ad altre realtà, è risultato efficace per la gestione delle problematiche psicologiche che nascono nell'assistenza ai pazienti di "area critica" cronici, o che afferiscono ai reparti di terapie intensive e/ semintensive, ecc., consente di fornire, simultaneamente, risposte adeguate ai bisogni psicologici dei pazienti e dei loro familiare e permette di rispondere anche alle necessità degli operatori che si occupano di tali pazienti.
* Il protocollo di "Accoglimento Programmatoä è una modalità assistenziale che consente di fornire, al paziente e ai suoi familiari, un aiuto psicologico precoce già prima dell'impatto con la macchina per la dialisi.
In questa fase, attraverso il coinvolgimento dei familiari e degli operatori, avviene l'inserimento del paziente in dialisi in maniera graduale ed in forma personalizzata. La condivisione del disagio all'interno di una rete di relazioni produce effetti benefici sia al momento dell'inserimento che nella gestione successiva.
Lo scopo della ricerca era di verificare:
· Se e come l'assistenza psicologica, fornita secondo il "Modello Integrato" influisce sulla compliance, sull'adattamento e sulla qualità di vita dei pazienti in Emodialisi (HD) e Dialisi Peritoneale (PD)
· Se e come si modifica il vissuto dei pazienti, dei loro familiari e quello degli operatori dopo un programma, rispettivo, di supporto e di formazione psicologica
· Se la gestione delle problematiche psicologiche collegate al trattamento dialitico, riduce i costi emotivi ed incide anche su quelli economici
I pazienti coinvolti erano così suddivisi:
- GR1=50 nuovi pazienti che iniziano l'emodialisi (HD) in un Centro ove l'assistenza psicologica è continuativa e fornita secondo il "Modello Integratoä.
- GR2=56 pazienti già in emodialisi (HD) da almeno un anno in Centri che non dispongono di tale tipo d'assistenza psicologica.
- GR3=49 pazienti in trattamento peritoneale (PD) che prima d'ora non avevano mai partecipato ad un programma d'assistenza psicologica diretta oppure indiretta.
Ciascun gruppo è stato valutato, con gli stessi criteri, all'inizio e alla fine dell'osservazione.
Per rilevare e misurare le possibili variazioni, sono stati utilizzati indicatori psicologici, psicosociali, biologici, comportamentali, di attività e di efficienza relativi ai:
- Pazienti: vissuto di malattia, controllo degli impulsi, aspettative, immagine di Sé, integrazione sociale, qualità di vita, percezione cambiamenti, sessualità, ansietà, depressione, comportamento di malattia. Inoltre, stato nutrizionale; compliance; quantità di dialisi: ( Kt/V),ecc.
- Familiari: immagine di Sé, rapporto con la dialisi, rapporto col Centro di Dialisi, impegno del "Caregiverä.
- Operatori: livello di Burn-out, assenze per malattia, richieste di trasferimenti, ecc.
- Servizio: totale e media dei giorni di ricovero, numero totale di operatori, totale delle sedute dialitiche effettuate, incremento percentuale dell'attività, indice di mortalità.

- Risultati.
Gruppo 1: pazienti che hanno iniziato la dialisi presso un Servizio di emodialisi ospedaliero dove l'assistenza psicologica è prevista in maniera continuativa e secondo un "modello integratoä.

I nuovi pazienti che hanno iniziato il trattamento dialitico presso un Servizio dove l'intervento psicologico è fornito secondo un modello "integrato" che hanno ricevuto tale assistenza ancor prima di iniziare la dialisi (accoglimento programmato) e, successivamente in maniera continuativa, direttamente o indirettamente tramite gli operatori, hanno ottenuto rapidi e significativi cambiamenti.
Alla fine dei sei mesi dello studio è migliorata la compliance al trattamento e la vita emotiva sia rispetto all'ansietà che alla depressione; i pazienti hanno instaurato un rapporto meno conflittuale con il trattamento dialitico
Nello stesso periodo di tempo i pazienti recuperano significativi livelli di qualità della vita, misurati con l'SF 36 (Short Form del Medical Outcome Study).
Le maggiori variazioni riguardano, gli aspetti fisici e, in maniera ancora più evidente, quelli emotivi e psicologici.
Altre modificazioni importanti hanno interessato lo stato nutrizionale e la quantità di dialisi svolta.
Anche i familiari, nell'arco dei primi sei mesi, hanno modificato alcuni loro atteggiamenti sia verso il paziente sia verso il trattamento in generale; infatti , si sentono più positivi, meno conflittuali, poco ansiosi e meno legati.
Infine, gli operatori di questo servizio ove è stato svolto un Programma biennale di Formazione psicologica, elaborato specificamente per affrontare le problematiche emotive e relazionali che nascono nella gestione della relazione e nell'assistenza ai pazienti in emodialisi e condotto secondo la metodica "Balint" sono passati nell'arco dei due anni , da una situazione di rischio di burn-out sufficientemente elevato ad una netta riduzione di tale rischio; al contempo è stato registrato anche un aumento del grado di soddisfazione nel lavoro.
Questo rilievo acquista ancora più valore se si considera che nello stesso periodo, presso il Servizio di Emodialisi Divisione Clinicizzata di Nefrologia Medica dell'O.C.M. di Verona, sono avvenuti importanti cambiamenti: c'è stato un turnover di operatori; se ne sono aggiunti di nuovi e l'attività del Servizio è notevolmente aumentata; è stato organizzato un terzo turno, notturno, di dialisi e questo ha richiesto un notevole sforzo di collaborazione da parte di tutto il personale.
Dai dati emerge inoltre che nel periodo dello studio, a fronte di un incremento considerevole delle attività, tende a stabilizzarsi il numero dei ricoveri e a calare l'indice di mortalità.
Per completare il quadro, sono state valutate dal punto di vista economico alcune delle variazioni osservate in questo Centro nell'arco dei due anni dello studio:
· Alla fine del primo anno, erano presenti in servizio 42 operatori, l'incremento dell'attività rispetto l'anno precedente era stato del 4,7% corrispondente a circa 845 sedute dialitiche in più; considerato che il costo medio dell'emodialisi varia da un minimo di 300.000 ad un massimo di 500.000 (media 400.000), l'incremento è stato di circa 338 milioni.
· Nel secondo anno, a parità di operatori, fu registrato un notevole incremento dell'attività; furono svolte 1950 sedute dialitiche in più, che equivalgono a circa 780 milioni di incremento.
· Contemporaneamente, fu registrato un calo dei giorni di ricovero dei pazienti equivalente ad una minor spesa di circa 40 milioni

Gruppo 2: pazienti già in trattamento emodialitico presso Centri che non dispongono, in maniera continuativa, di assistenza psicologica.

Nei pazienti di questo gruppo, già in trattamento emodialitico presso i C.A.L. o presso un C.O., ove non esiste un programma specifico e continuativo di assistenza psicologica, secondo il "Modello Integrato" dopo un anno, le cose rimangono sostanzialmente invariate.
Il profilo psicologico complessivo, l'adattamento psicologico e importanti indici di valutazione della qualità di vita dei pazienti mostrano piuttosto una certa tendenza regressiva.
Tale tendenza è visibile anche nelle variazioni di alcuni parametri biochimici relativi allo stato nutrizionale, alla compliance e ad alcuni aspetti del comportamento di malattia.
Anche il rapporto dei familiari col paziente e con la dialisi segue lo stesso andamento; nell'arco dell'anno aumentano progressivamente le difficoltà dei familiari, sia nei vissuti personali sia nelle relazioni interpersonali; per il caregiver aumenta soprattutto l'impegno richiesto.
Infine, tra gli operatori, aumenta il rischio di burn-out; infatti, rimane inalterato il senso di disagio emotivo personale, tende a calare il livello di soddisfazione nel lavoro e ad aumentare la percezione del senso di distacco e di estraneità nei confronto delle proprie attività. Questa tendenza, tra gli operatori che non ricevono una formazione psicologica, è più evidente tra gli operatori del C.O. che dei C.A.L.
Anche in questo gruppo, limitatamente ai pazienti che emodializzano in un C.O.. omologo a quello del Gruppo1, sono state fatte alcune valutazioni economiche.
· Nel Î97 erano in servizio 15 operatori, l'incremento delle attività rispetto l'anno precedente fu del 4,5%, corrispondente a + 283 sedute dialitiche equivalenti a 110 milioni circa.
· Nel '98 il numero degli operatori è cresciuto di una unità cioè del +6,6%; l'incremento dell'attività è stato del 6,5%, equivalente a 432 sedute dialitiche in più, corrispondenti a circa 172 milioni di incremento.
· Nello stesso anno, le giornate di ricovero dei pazienti sono passate dal 6,51% all'8,98% corrispondenti ad un maggior costo di circa 45 milioni
· Le giornate di assenza per malattia degli operatori sono aumentate del 20,7% corrispondenti ad un costo di circa 16 milioni

Gruppo 3: pazienti in dialisi peritoneale (CAPD, APD) che non avevano mai usufruito di assistenza psicologica diretta oppure indiretta e che ora sono stati coinvolti in un programma specifico.

I pazienti di questo gruppo , già in trattamento peritoneale (C.A.P.D., A.P.D.), non avevano mai usufruito di un qualsiasi tipo di aiuto psicologico specifico diretto o indiretto.
Il protocollo di ricerca prevedeva invece un programma di assistenza psicologica, individuale e di gruppo, rivolto ai pazienti direttamente e ai loro familiari.
Dopo un anno di lavoro sono stati rilevati significativi miglioramenti nei vissuti, nella compliance, nell'adattamento e, soprattutto nella qualità di vita.
E' emersa una maggiore flessibilità della loro vita emotiva, si è alleggerita l'attenzione compulsiva per i rituali di pulizia e sono migliorati tutti i principali indici di valutazione della qualità della vita.
Anche tra i familiari ed in particolare per il caregiver é stata registrata una maggior libertà di movimento, una migliore integrazione sociale ed una riduzione delle preoccupazioni il che significa, complessivamente, un miglioramento della qualità delle relazioni sia familiari sia extra-familiari.
Sul piano economico si è concretizzato in un minor costo per visite mediche circa 3,5 milioni; per visite psicologiche 648.000; per esami extra per circa 760.000; per giorni di ricovero circa 22 milioni.

In sintesi, la gestione globale delle problematiche emotive, psicologiche e relazionali , collegate al trattamento dialitico,
· riduce la sofferenza emotiva dei pazienti e migliora la loro qualità di vita;
· favorisce il "family supportä e la collaborazione dei familiari;
· migliora l'efficienza, riduce i rischi di burn-out e aumenta il grado di soddisfazione degli operatori;
· garantisce una concreta äumanizzazioneä dell'assistenza;
· assicura un risparmio di risorse, sia umane sia economiche;
Pur non prevedendo lo studio un confronto statistico diretto tra i tre gruppi, (sarebbe auspicabile una nuova ricerca in tal senso) perché non omogenei tra di loro, i dati raccolti indicano che i pazienti che non usufruiscono di un programma di assistenza psicologica tendono, nel corso del tempo, a peggiorare nella compliance, nell'adattamento e nella qualità della vita; allo stesso tempo aumentano le difficoltà dei loro familiari così come quelle del gruppo degli operatori .
E' difficile affermare che l'insieme delle modificazioni osservate dipenda solo dalla presenza o dall'assenza dell'intervento psicologico, perché le variabili in gioco sono molto numerose ma, è ancora più difficile pensare che tutto ciò sia frutto del caso o di una semplice coincidenza.

* Collaboratori della ricerca: Dott. C. LOSCHIAVO, Nefrologo; A.F.D. M.C. MAGAGNOTTI, Caposala; Prof. A. LUPO, Nefrologo; Dott.ssa L. NADALINI, Psicologo Psicoterapeuta; Dott. N. CORDIOLI, Psicologo Psicoterapeuta; Dott.ssa S. MAINAS, Psicologo; Dott.ssa A. DESCOLARI , Psicologo.

- Considerazioni Conclusive
I risultati dello studio offrono spunti utili per la gestione degli aspetti psicologico-clinici, assistenziali e organizzativi relativi al trattamento dei pazienti in dialisi cronica e sono una premessa significativa per la definizione di moderne linee guida che, analogamente a quanto accade nei Centri Dialisi più qualificati, in Europa e negli U.S.A., tengano conto anche di questi importanti aspetti.
Questa esperienza, paradigmatica dei molteplici vantaggi che si possono ottenere per i pazienti, i familiari e gli operatori, quando vengono affrontate e gestite le problematiche emotive e psicologiche che nascono diversi ambiti assistenziali, specie quelli "critici" testimonia che la Psicologia Ospedaliera è parte integrante della moderna cultura assistenziale.
Le esperienze degli Ospedali più accreditati, in Italia e nel mondo, mostrano che la garanzia di mantenere livelli di qualità e l'ampliamento di nuovi percorsi di assistenza psicologica, come quelli sempre più richiesti per la gestione dei problemi inerenti alla donazione e i trapianti di organi e tessuti, si basa sul riconoscimento formale dell'autonomia del Servizio di Psicologia Ospedaliera.
Infatti, il punto qualificante di tale organizzazione è proprio la capacità di agire trasversalmente in tutti i Reparti, Servizi o Dipartimenti dell'Ospedale, nel senso che la funzione psicologica è integrata con le strutture ove è richiesta, pur mantenendo la sua autonomia operativa, clinica ed organizzativa.
Nel panorama nazionale, la maggior parte delle Regioni (Trentino, Alto Adige, Sicilia, Piemonte, Puglia, Toscana, Lazio, Umbria, ecc.), ha predisposto nei Piani Sanitari o già realizzato, accanto ai Servizi Territoriali , Unità Operative o Servizi Autonomi di Psicologia Ospedaliera finalizzati proprio a questo scopo; oppure, negli ospedali più piccoli dove non esiste il Dirigente Psicologo di II livello, i Servizi o le Unità Operative di Psicologia, sono generalmente collegati alla Direzione Sanitaria, talvolta alla Direzione Generale.
L'orientamento prevalente in Italia come all'estero, è di assicurare al Servizio di Psicologia Ospedaliera uno spazio culturale ed operativo distinto dai Servizi Psichiatrici e da quelli Sociali, pur mantenendo con entrambi rapporti di collaborazione, su progetti specifici.
La realtà degli ospedali italiani indica che nel futuro, sarà sempre più forte da parte dei malati, delle loro associazioni, dei familiari e degli operatori, la spinta verso gli Amministratori, Regionali e Locali, affinché intervengano per colmare i ritardi, sostenendo ed incentivando lo sviluppo e l'organizzazione autonoma della Psicologia Ospedaliera.
Negli Ospedali Generali, la presenza di un adeguato Servizio di Psicologia non solo contribuisce a restituire ai malati, specie a quelli più deboli e sofferenti, la dignità della loro sofferenza, senza psichiatrizzarla, ma garantisce anche vantaggi assistenziali, organizzativi ed economici che, alla luce delle conoscenze e delle esperienze attuali, sarebbe veramente colpevole ignorare o sottovalutare.

Dott. Gaetano Trabucco
Dirigente Psicologo, Psicoterapeuta
Vicepresidente S.I.P.S.O.T.
Referente Nazionale Area Psicologia Ospedaliera
Tel. 045 8072692 ; Fax : 045 80734512
E mail <trabucco@sis.it>

 

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