IL COUNSELLING IN OSPEDALE
Di Franco Burattini (ASL Jesi,
Marche)
(Pubblicato su Quaderni di Psico-in: "Modelli di intervento dello
psicologo in ospedale, confronto di esperienze"; a cura di Roberto
Ferretti e Maria Virginia Gentili. Il volume puo' essere richiesto
all'Ordine Degli Psicologi delle Marche, Corso Stamira 29, Ancona.
Tel.071/2072630 Fax 071/2081006)
Alcune considerazioni
L'esercizio della professione in un servizio per la prevenzione, cura
e riabilitazione delle tossicodipendenze fa trovare costantemente
gli operatori davanti ad un orizzonte variegato e complesso dove il
confine tra "analisi della domanda" e "intervento sul
caso" è sempre più rastremato e, la velocizzazione
dei processi cognitivi e decisionali diventano un apprendimento necessario.
Questa premessa ci è utile per alcune riflessioni che andremo
a fare riguardo la consulenza psicologica in ambiente ospedaliero.
Le modalità operative nei due contesti, seppur diversi tra
loro, presentano notevoli punti d'incontro.
Il counselling psicologico che siamo chiamati a svolgere in maniera
preminente nei reparti di Medicina Generale ,Malattie infettive e
Neurologia dell'Ospedale di Jesi non si esaurisce nella sola prestazione
clinica ma diventa anche un lavoro di tipo istituzionale con il personale
medico e paramedico.
L'immissione di una figura (lo psicologo) non eccessivamente congrua
con le aspettative di un sistema ospedaliero abbastanza rigido nelle
sue codificazioni pone di fatto un primo problema : la ricerca di
una epistemologia magari non uguale, semmai condivisa sia da parte
del cousellor che dai colleghi ospedalieri; intendendo per epistemologia
lo studio del modo in cui gli esseri umani conoscono le cose e co-costruiscono
le proprie abitudini cognitive.
Nella nostra realtà operativa, grazie ad anni di reciproca
collaborazione e stima è andato man mano maturando un rapporto,
definito dalle parti, soddisfacente, di conseguenza sono andati i
risultati clinici.
Grazie alle possibilità che abbiamo avuto per organizzare un
buon livello d'intervento di counselling medico e psicologico su soggetti
degenti nei reparti succitati, per patologie relative ad abuso alcolico,
abbiamo successivamente registrato un notevole implemento di ex ricoverati
presso il nostro ambulatorio terrritoriale.
La consulenza al letto del paziente.
Nell'ospedale il soggetto diventa "paziente"ed entra di
"diritto" in un sistema abbastanza rigido dove il focus
è spostato ( generalmente) dalla persona alla "cura della
parte malata".
La persona ricoverata si trova di fronte ad un adattamento forzato
rispetto ad un sistema estremamente diverso da quello che abitualmente
era il proprio ambito familare e/o di relazione, la posizione orizzontale
rispetto alla abituale verticalità nel contatto con le persone
e le cose, come pure lo stato di momentanea invalidità, conducono
progressivamente la persona nei meandri della regressione.
Lo psicologo che si appresta alla consulenza rischia di precipitare
anche lui dentro questa spirale (malato-malattia) che appare come
l'unica realtà sulla quale intervenire per mandato istituzionale.
Il counsellor esperto si contraddistingue per la costante ricerca
di un angolo di visuale più ampio possibile, oltre il disagio
del paziente per costruire,
attraverso una interazione intensa, una nuova realtà di significati,
di pattern comportamentali che consentano sia al paziente, ma anche
ai medici e agli infermieri del reparto, di organizzarsi secondo un
sentire diverso dove le differenze non diventano distanza, ma contributo
al riconoscimento della complessità.
In questo modo mobilità, velocità, intuito e senso della
propria posizione nel tempo e nello spazio danno il ritmo all'opera
dello psicologo in consulenza che, non imbrigliato dalla comprensione
del disagio ricerca invece connessioni complesse tra le idee (qual'è
la vera domanda, qual'è la realtà mitica del reparto
ecc.).
La consulenza urgente.
Spesso l' "urgenza " che anticipa l'intervento del consulente
nasce più per un comportamento incompatibile o disturbatore,
che deve essere sedato farmacologicamente, che non per una necessità
di comprendere il disagio della persona ricoverata.
L'intervento farmacologico di per sé è fortemente stabilizzante
sia per il consulente medico che è chiamato a dare comunque
una risposta relativamente al poco tempo a disposizione, sia per l'istituzione
che chiede una risoluzione immediata del problema.
Pur senza negare l'esistenza di situazioni d'emergenza terapeutica
che richiedono un intervento anche farmacologico credo sia utile riflettere
sulle difficoltà in cui può trovarsi uno psicologo in
ospedale,costretto a confrontarsi con richieste che si rifanno ad
aspetti culturali dell'intervento medico.
La sfida appare interessante perchè scavalca una troppo scontata
comprensione lineare del disagio per conquistarsi, nella ricerca delle
differenze, un posto nella realtà complessa.
L'intervento di couselling psicologico, rispetto al counsellig medico,
valuta le risorse interiori, le resistenze, le difese e le motivazioni
al cambiamento; fornisce inoltre supporto nei momenti di crisi e facilita
l'espressione e la discussione dei vissuti e dei sentimenti.
Sintetizzando, un intervento di couselling deve essere: intenso ,
focalizzato, limitato nel tempo e specifico
Nell'ambito delle priorità degli interventi il counsellor psicologo
di fronte alla persona degente in un reparto ospedaliero, in primo
luogo dovrà quantomeno frantumare il mito dell'appartenenza
al "gruppo dei curanti" per guadagnarsi una alleanza (terapeutica
) con il paziente.
Aperto questo varco e conquistato un sentire empatico il lavoro con
i restanti componenti del sistema istituzionale diventa necessario
e successivo al fine di giungere ad uno stadio di comprensione condivisa
del problema.
In buona sostanza oltre a prestare attenzione alla storia rinarrata
del paziente lo psicologo dovrà comprendere il contesto all'interno
del quale è nata la richiesta di consulenza.
Conclusioni
Organizzare interventi sanitari in questo modo potrebbe indurre a
pensare ad una complicazione eccessiva non proprio rispondente, tra
l'altro, a certi modelli di standard assistenziali, posso assicurare
che certe modalità operative non sono sicuramente complicate
semmai complesse, ma questo è l'unico modo per dare sanità
dove l'interazione tra mente, corpo, storia del soggetto e del terapeuta
creano quello che qualcuno ha definito : la storia che guarisce.