Esperienze e contributi degli psicologi sanitari
AREA ETA' ADULTA E SENILE
QUALE PSICOLOGIA Mario Morucci e Valeria Verrastro
Semestrale dell’Istituto per lo Studio delle Psicoterapie e della Società Italiana di Psicoterapia
LA PSICOLOGIA IN OSPEDALE: UN MODELLO DI INTERVENTO SUL PAZIENTE ORGANICO E SULL’ORGANIZZAZIONE
Mario Morucci*
Riassunto. L’Autore delinea un modello attraverso la descrizione di alcune caratteristiche delle principali aree della Psicologia Ospedaliera ed alcune riflessioni circa i metodi di intervento.
Parole chiave. Psicologia Ospedaliera, Paziente con patologia organica, Qualità di Vita, Equipe curante, adattamento * Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera — Polo Ospedaliero Centale ASL Viterbo
Introduzione
La malattia organica in qualsiasi forma si manifesti, acuta o cronica, lieve o grave, rappresenta sempre e comunque sul piano soggettivo l’interruzione più o meno significativa e determinante di un ciclo vitale e pertanto coinvolge la sfera psicologica.
Pur con tutte le evoluzioni circa la sua funzione, l’Ospedale è stato ed è, nella realtà e nell’immaginario, il luogo di maggiore "riparazione" del danno biologico ed organico, per molti anni all’interno di una visione meccanicistica di stampo positivista. L’evoluzione della medicina e della psicologia e la sempre maggiore attenzione alla componente soggettiva del paziente hanno creato le condizioni per una visione più complessa e completa all’interno della quale la specifica patologia in ambito ospedaliero rappresenta solamente una interfaccia, seppur fondamentale, di una complessa articolazione di componenti diverse, tutte tra loro interdipendenti.
In tale ambito la Psicologia ha trovato una sua naturale collocazione con implicazioni di varia natura e ormai, da più di venti anni, con forme organizzative diverse, è sempre più presente all’interno delle strutture ospedaliere, anche con attività ambulatoriali.
Il triangolo paziente-equipe curante-famiglia costituisce un campo fecondo di intervento e di ricerca fortemente specifico e nel contempo fortemente interdisciplinare, finalizzato alla elaborazione di un modello di assistenza e di intervento più completo, più rispettoso delle singole soggettività, meglio indirizzato all’attenzione per la la Qualità della Vita.
Psicologia e paziente con patologia organica
L’ospedalizzazione per una qualunque patologia organica è di per sé, nella maggior parte dei casi, una condizione di disagio di entità variabile, che a volte può assumere anche connotazioni importanti.
La condizione di paziente ricoverato comporta la separazione dalla famiglia, la necessità di adeguarsi ai ritmi istituzionali, la parziale rinuncia alla privacy, lo stato di dipendenza da altri con la conseguente perdita di autonomia ed in misura diversa dello status sociale; questi gli elementi più evidenti che vanno ad aggiungersi alla già difficile condizione di malato ed allo stato di ansia legato comunque all’idea della specifica malattia.
Qualsiasi ospedalizzazione per qualsiasi patologia costituisce pertanto una interruzione, un salto, la rinuncia ad una progettualità che in alcuni casi potrà essere ripresa in tempi brevi e con facilità, mentre in altri dovrà intendersi definitivamente interrotta, ponendo pertanto la necessità di una nuova, dolorosa, difficile riformulazione. In ogni caso la condizione di malato rende necessaria la capacità di adattamento.
A questo sottofondo di disagio si aggiunge la risonanza emotiva suscitata dalla reazione a ciascuna specifica patologia ed è proprio la componente psicologica della malattia organica gran parte del campo di interesse della Psicologia Ospedaliera. Più precisamente l’elemento psicologico trova una propria collocazione teorica ed applicativa in momenti diversi e con connotazioni diverse:
l’approccio alla reazione psicologica alla singola patologia organica è l’ambito, anche dal punto di vista storico, considerato di maggiore interesse clinico e di ricerca. Pazienti importanti quali i malati di cancro, i dializzati, i cardiopatici, i piccoli pazienti con patologie croniche, pazienti affetti comunque da patologie croniche e fortemente limitanti presentano situazioni di grande interesse; si pensi ad esempio all’impatto di una patologia importante su un soggetto in termini fisici e di reazione emotiva non solo alla percezione della malattia con i suoi sintomi, ma anche dei vissuti fantasmatici ad essa legati, spesso parte di un immaginario che non sempre riesce a modificarsi ed evolversi in armonia con le conoscenze e le acquisizioni della medicina; si pensi all’importanza di questo evento per il sistema familiare ed alla complessità della componente relazionale con il nucleo di provenienza. In questi casi l’evento malattia richiede un processo di adattamento ed una ridefinizione prospettica realizzabile attraverso il superamento di varie fasi modulate peraltro all’evoluzione della malattia ed ai necessari interventi diagnostici e terapeutici, partendo dal momento della consapevolezza della malattia per giungere ad una fase di "accettazione adattiva", condizione per una migliore Qualità della Vita del paziente. All’interno di questo processo, interventi psicologici specifici e mirati sia in favore del paziente che dei familiari possono contribuire in maniera determinante a favorire il processo di accettazione, adattamento e reazione alla patologia, favorendo la necessaria compliance con l’equipe curante, sostenendo il paziente sul piano emotivo in considerazione anche di alcuni particolari momenti in cui deve affrontare ed effettuare delle scelte delle quale rimane comunque titolare. Se l’interesse psicologico per le grandi patologie organiche e croniche permette di elaborare interventi sufficientemente pensati e programmabili sul singolo caso, profondamente diverse sono invece le condizioni di intervento sulle urgenze. Il decesso improvviso di un bambino o di un soggetto giovane, gli esiti mutilanti di incidenti di varia natura, le situazioni di abuso o di violenza sono solo alcuni esempi di situazioni molto diverse tra loro ma accomunate dalla presenza di una componente emotiva intensissima all’interno di una dimensione temporale molto contenuta. L’acuzie, anche dal punto di vista psicologico, è un momento fondamentale per la costituzione di quei requisiti che potranno rendere per il paziente e per i soggetti coinvolti le fasi successive meno dolorose, conflittuali e maggiormente adattive; l’intervento psicologico si caratterizza pertanto per una grande flessibilità e capacità anch’esso di adattamento. La ricerca scientifica ha ormai dimostrato la presenza di una componente psicologica come concausa nella eziopatogenesi di varie malattie come per esempio alcuni tumori. Tale componente configurabile, allo stato dell’arte, soprattutto come stress e/o depressione sembra agire attraverso il Sistema Nervoso su quel complesso apparato di protezione dell’organismo composto appunto dal Sistema Nervoso, dal Sistema Immunitario e dal Sistema Endocrino. Appartiene all’esperienza di molti la constatazione di come uno stato di tensione psichica possa per esempio alterare il ciclo mestruale, evidentemente attraverso il Sistema Endocrino o possa rendere genericamente l’organismo meno pronto a reagire ad eventuali agenti esterni attraverso il Sistema Immunitario. Pur essendo questo a tutt’oggi un campo di ricerca molto vasto, tuttavia il nesso tra l’evento stressante e l’insorgere di alcune malattie, è considerato accertato. In particolare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene sembra specificamente implicato nel veicolare gli effetti dello stress verso il Sistema Immunitario producendo un vero e proprio scompenso biochimico caratterizzato, molto probabilmente, da un aumento della produzione di cortisolo, che ha una funzione immunodepressiva, e da una diminuzione del DHEA, antagonista naturale del cortisolo; il conseguente indebolimento delle difese immunitarie espone di conseguenza l’organismo ad un rischio più elevato di sviluppare malattie ivi comprese probabilmente alcune di tipo autoimmunitario. Se la componente legata allo stress è importante nella eziopatogenesi di alcune malattie, ugualmente importante è rispetto al decorso ed alla possibilità di recidive. Una buona risposta alla malattia dal punto di vista psicologico e perciò adattiva non solo, come abbiamo visto, riduce il disagio ma, ragionevolmente, è anche ipotizzabile che contribuisca a determinare una migliore reazione complessiva dell’organismo rispetto alla malattia ed al suo decorso. Le recenti scoperte nel campo della genetica, in particolare la mappatura del Genoma Umano, lasciano immaginare sviluppi fondamentali nella prevenzione e nella terapia di molte malattie importanti. Il significato di queste scoperte va però molto al di là di una dimensione rigidamente biologica. La consapevolezza che l’evento malattia sia legato ad una predisposizione individuale limita la percezione di casualità, attribuita, a ragione o a torto, a molte malattie, esaltando l’antico binomio "eredità-ambiente", componente genetica e componente comportamentale. L’interfacciarsi di una predisposizione genetica con dei comportamenti a rischio, tema già ampiamente presente, sembra destinato ad assumere un’importanza ancora più grande, coinvolgendo direttamente la competenza psicologica, trattandosi di prevenire attraverso comportamenti adeguati, evitando quelli a rischio, adottando invece stili di vita "sani" e attivando forse sequenze comportamentali preventive specifiche. Se fino ad oggi lo Psicologo in ospedale si è trovato a sostenere alcuni pazienti, all’interno del processo di adattamento e alla ricerca di una motivazione per attivare comportamenti adeguati rispetto ad una determinata malattia, nel momento in cui la correttezza di alcune abitudini assumesse una specificità nella prevenzione di una certa patologia, l’intervento psicologico nei casi resistenti diverrebbe assolutamente fondamentale. Complessivamente l’importanza della Psicologia nella patologie organiche è a tutto campo e coinvolge vari aspetti fortemente interdipendenti in una architettura che, sul piano epistemologico, trova contorni sempre più definiti.
L’evoluzione culturale della medicina non permette più il vecchio approccio impersonale alla malattia più che al malato; il rispetto per l’individuo implica non solo l’interesse per la sua soggettività ma soprattutto l’uso di tutti gli strumenti culturali e tecnici utili alla riparazione o alla limitazione del danno da tutti i punti di vista.
Il concetto di Qualità di Vita ha una grande, anche se a volte ancora misconosciuta, valenza psicologica.
E’ ormai evidente l’apporto fondamentale della psicologia soprattutto rispetto ad alcune patologie, senza peraltro esaurire in questo la sua funzione. L’evoluzione scientifica sta infatti esplorando attualmente ambiti nuovi. Il campo sempre più in espansione dei trapianti e, preliminarmente, degli espianti, le potenzialità legate all’uso delle cellule staminali, le varie e discusse forme di fecondazione artificiale, l’uso di tecniche mediche e chirurgiche per cambiare il sesso biologico, la chirurgia estetica rappresentano nuove frontiere di grande interesse psicologico per gli aspetti etici, per l’inquadramento epistemologico e per la necessità di elaborare strategie ed interventi sempre più specifici.
Psicologia ed Equipe curante
Ragionare sulle modalità migliori per curare ed assistere il paziente significa ragionare sulla Relazione d’Aiuto e pertanto sul rapporto e sulla comunicazione tra curanti e paziente.
Gli studi e la letteratura sul Burn-out hanno dimostrato ampiamente come, insieme ad altri elementi, la risonanza emotiva suscitata negli operatori sanitari soprattutto da alcune tipologie di pazienti, se non gestita o mal gestita, generi un disagio psicologico anche grave in grado di compromettere seriamente non solo il benessere dell’operatore ma la possibilità per lo stesso di ben rapportarsi al paziente.
Prendersi cura del paziente significa occuparsi anche del benessere degli operatori, elemento quest’ultimo che deve essere considerato presupposto e condizione fondamentale.
Alcune tipologie di pazienti e di reparti ospedalieri espongono più di altri gli operatori a rischio di disagio.
Il paziente oncologico, il dializzato, il piccolo paziente con patologia oncologica od ematologia, il paziente la cui patologia ha comunque caratteristiche di inguaribilità e cronicità, a volte con decorso rapidamente infausto, costituiscono per tutto il personale sanitario campi di lavoro diversi caratterizzati però da un comune maggiore rischio di disagio.
L’attenzione psicologica all’equipe è pertanto complementare a quella per il paziente.
In particolare, fornire al gruppo curante gli strumenti per la "condivisione" dei disagi sia di tipo emozionale che organizzativo e strutturale derivanti dall’attività lavorativa limita di per sé il rischio di malessere.
L’intervanto complessivamente può focalizzarsi, con modalità diverse, essenzialmente su due aspetti principali:
L’elaborazione della risonanza emotiva, dando agli operatoritutti la possibilità di esprimersi ed esprimere le proprie emozioni all’interno di un contenitore, di uno spazio temporale fisico e mentale a tale scopo specificamente dedicato. Questa modalità rende gradualmente possibile alla percezione di ciascuno l’accettabilità e la comunicabilità delle proprie emozioni e delle proprie paure, con il risultato di rendere meno facile l’instaurarsi di difese disadattive e più coeso il gruppo sul piano emotivo. Perseguimento di uno stile operativo basato sulla "condivisione"; in qualsiasi gruppo di lavoro le difficoltà organizzative legate a vincoli o limitazioni di natura istituzionale o ad elementi percepiti come tali, comportano il rischio di generare conflittualità e disagi con caratteristiche di ingestibilità e cronicità ingravescente. L’introduzione di una operatività basata sulla ricerca della massima condivisione possibile sia degli aspetti organizzativi che delle criticità è un elemento fondamentale per ridurre il malessere e per migliorare la qualità operativa del gruppo. Questo stile operativo basato sul concetto della condivisione, in cui lo psicologo può svolgere un’importante funzione di "facilitazione di un processo", è alla base anche delle tecniche di Miglioramento Continuo della Qualità (MRQ) e la letteratura conferma la funzionalità di questo stile operativo per limitare il malessere ed ottimizzare l’erogazione delle prestazioni sanitarie. La funzione della Psicologia in Ospedale comprende pertanto anche l’intervento e la ricerca non solo sul piano strettamente clinico con i pazienti ma anche su quello relativo agli aspetti emotivi, relazionali ed organizzativi del personale sanitario.
Riflessioni sui metodi
Riflettendo circa le metodologie d’intervento su pazienti portatori di patologie organiche, per le caratteristiche intrinseche delle situazioni che ci si trova ad affrontare, si impongono alcune riflessioni e la sperimentazione di nuovi adattamenti operativi.
La necessità di rielaborare e definire setting fortemente personalizzati, di individuare obiettivi precisi e funzionali al paziente, di operare in alcune circostanze anche con tempi di intervento brevi, costringe ad operare limitando al massimo quell’autoreferenzialità che a volte può aver caratterizzato alcuni approcci psicologici e psicoterapeutici.
In questa ottica, se da una parte tutti gli strumenti psicologici e tecnici sono utili ed utilizzabili, la rigidità nell’uso ne vanifica l’efficacia ed il beneficio che il paziente può trarne.
La semplice lettura ed interpretazione del fenomeno psicologico nel contesto di una teoria rischia in questo campo di rimanere una esercitazione accademica sterile oltre che fungere da difesa per lo psicologo stesso analogamente ad altri operatori sanitari che svolgono però funzioni diverse.
E’ opportuno considerare sempre il rischio di questa autoreferenzialità per attivare su di essa un controllo efficace.
Se tutti gli approcci sono teoricamente utilmente impiegabili, le caratteristiche di alcuni meglio si adattano alle esigenze della Psicologia Ospedaliera.
La Psicoterapia Breve ad Approccio Strategico, improntata ad "essenzialità", "concretezza" e "risolvibilità", alla ricerca di un approccio "duttile e flessibile", atto a strutturare "strategie personalizzate" e fortemente focalizzate alla "soluzione di un problema" all’interno del suo "contesto", appare, per queste caratteristiche, tra quelle particolarmente funzionali.
Inoltre la tensione di questo approccio a ricercare i fattori comuni tra i vari metodi e a riflettere sulle differenze introduce un elemento epistemologico e di metodo nuovo, presupposto di una ricerca psicologica e di un operare scientificamente "sani", improntati cioè al rigore ma non alla rigidità, senza alcuna priorità del metodo sull’oggetto; questi elementi ben si adattano alla Psicologia Ospedaliera.
Le caratteristiche dei pazienti e la complessità delle strutture richiedono agli psicologi che operano in ospedale e comunque con pazienti portatori di patologie organiche non solo una solida formazione ma anche la capacità di mettersi in gioco o meglio di entrare nel gioco senza perdersi, ritrovandosi invece con il paziente e con i suoi temi.
Forse gli occhi dei nostri pazienti sono il vero specchio della nostra professionalità e della sua efficacia.
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